Giovedì 19 Dicembre 2024
ANTONIO TROISE
Economia

Taglio Bce, Carlo Cottarelli: "Cautela scontata. Ora tocca agli Stati agire sui conti pubblici"

L’economista ed ex mister Spending Review: da Lagarde nessuna sorpresa. "Ma il margine generato non porti i governi ad aumentare la spesa: è un errore"

Carlo Cottarelli

Carlo Cottarelli

Roma, 13 settembre 2024 – Professor Carlo Cottarelli, la Bce ha ridotto di un altro quarto di punto i tassi di interesse. Si poteva fare di più?

“In realtà il taglio è stato più consistente. La riduzione di 25 punti base riguarda quello sui depositi, che passa dal 3,75% al 3,50%. Quello sui rifinanziamenti principali, vale a dire sui prestiti, scende al 3,65% dal 4,25%. Quindi, siamo ad una riduzione dello 0,60%. Probabilmente la Bce non ha voluto dare l’impressione di aver allentato la guardia”.

Però, la presidente della Bce, non si è impegnata più di tanto su altri eventuali tagli.

“È una posizione standard. È normale che la Bce non faccia annunci e assuma le sue decisioni sulla base di tutte le informazioni che, via via, arrivano”.

Per essere più diretti, il trend ribassista continuerà nei prossimi mesi?

“Se dovessi scommettere, le direi di sì. Ma, le ripeto, bisogna verificare i dati che arriveranno”.

Si aspettava maggiore coraggio dopo il rapporto Draghi sulla competitività?

“L’appello dell’ex presidente della Bce non era rivolto alle banche centrali ma agli Stati membri, che devono prendere decisioni sulla governance, sugli investimenti, sulla spesa. Bisogna dinguere fra quello che può fare la Bce e quello che possono fare i governi”

Cioè? Può essere più esplicito?

“Il compito della banca centrale è quello di tenere la domanda di beni e servizi in linea con la capacità di crescita dell’economia. Agisce, in sostanza, sul lato della domanda. Il rapporto di Draghi riguarda la decisioni che fanno crescere la capacità di produzione dell’economia facilitando, ad esempio, la capacità di fare investimenti e di accelerare il progresso tecnologico. In sostanza, parla dell’offerta”.

Però il nodo resta lo stesso: con questo taglio dei tassi l’Europa può risalire la china?

“Se non ci fosse stato, mi sarei preoccupato. Sarebbe stata a rischio anche la possibilità di conservare l’attuale tasso di crescita ed evitare la stagnazione”.

L’Europa ascolterà Draghi?

“Temo che non ci sia la volontà politica da parte degli Stati membri, di portare avanti le cose che servono per far crescere la competitività. Bisognerebbe che gli Stati si sentissero veramente europei, rafforzassero il bilancio comune, facessero debito comune e fornissero all’Ue le risorse per ripagarlo”.

Passiamo all’Italia: con la riduzione dei tassi diventerà più facile far quadrare i conti della prossima manovra economica?

“Questo taglio avrà effetti marginali, abbiamo già allungato le scadenze dei nostri titoli pubblici”. Che impatto avranno le nuove regole del patto di Stabilità?

“Anche in questo caso non farei drammi. L’aggiustamento richiesto è graduale, partiamo da un deficit del 4,3% e dovremmo scendere al 3,8%. Lo avremmo fatto anche senza le nuove regole europee. La vera novità è che ci viene richiesto un programa di sette anni. È un cambiamento radicale rispetto al passato, quando gli obiettivi venivano rispettati per il primo anno ma poi cambiati in corso d’opera con il Def. Ora saremo vincolati per un periodo lungo”.

Ci aspettano sacrifici?

“Vorrei ricordare solo che nel 2019 il rapporto deficit Pil era dell’1,6%. E non eravamo mica morti in quel periodo…”.

Però c’è il problema del debito.

“Certo, ma non possiamo cancellarlo. Non siamo la Grecia dove, la maggior parte del debito, era nelle mani degli stranieri. I nostri titoli pubblici sono nel portafoglio delle famiglie italiane. L’unica strada possibile è quella di ridurre il debito gradualmente, facendo riforme per far crescere l’economia e, quindi, aumentare le entrate”.

È quanto avvenuto quest’anno?

“Il gettito fiscale è andato meglio del previsto. Ma se utilizzeremo queste risorse per aumentare la spesa, non risolviamo nulla. La spesa può aumentare ma meno della crescita del Pil. E per far crescere il Pil occorre, invece, ridurre la burocrazia, semplificare, liberare il settore privato dai lacci che ancora lo ingabbiano. Sono queste le riforme che servono per far aumentare il reddito e ridurre il debito”.