Roma, 3 agosto 2023 – È scontro aperto tra i governatori e il ministro della Coesione, con delega al Pnrr, Raffaele Fitto. Pomo della discordia, la cosiddetta "rimodulazione" delle risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza destinata a Comuni e Regioni. Un "taglio" di 16 miliardi che non ha convinto del tutto neanche i presidenti delle Regioni guidate dal Centrodestra (quindici in tutto).
Oggi, al Consiglio dei ministri, difficilmente si parlerà del Pnrr, dopo la relazione del ministro Fitto alla Camera. Ma il dissenso, per ora, ha preso la forma solo di una missiva diretta a Fitto, con la richiesta di un incontro urgente per fare chiarezza sui progetti usciti dal perimetro del Pnrr. Non si tratta di cifre di poco conto. Il presidente della Toscana, Eugenio Giani, parla di una perdita secca di un miliardo. Il Pd accusa l’esecutivo di aver ridotto di 1,4 miliardi i finanziamenti destinati alla Sicilia. Altri governatori, come in Liguria, invece, ribadiscono che i progetti strategici sono stati "salvati". Ma il problema sollevato dai governatori nella lettera va un po’ oltre. E riguarda, soprattutto, le coperture finanziarie dei progetti che sono entrati nella fase esecutiva. Nella sua relazione al Parlamento il ministro Fitto ha assicurato che nessun intervento sarà "tagliato", ma tutti troveranno una diversa copertura, attraverso il ricorso ad altri fondi europei con scadenze che vanno ben al di là del 30 giugno 2026. Ma le Regioni sollevano due dubbi. Il primo: il Fondo di Sviluppo e Coesione non può essere utilizzato in maniera sostitutiva per coprire i progetti che, fino a ora, rientravano nel Pnrr. L’operazione, in effetti, si tradurrebbe in una perdita secca delle risorse che sono state già assegnate alle Regioni.
Il secondo dubbio è concentrato sulla quota del 40% dei fondi riservato al Sud. Anche su questo capitolo mancano indicazione certe e, in ogni caso, i governatori chiedono "clausole di salvaguardia" per evitare un dirottamento dei soldi su progetti destinati alle regioni del Centro-Nord. C’è poi una questione di metodo: la "rimodulazione" sarebbe stata decisa dal ministro senza un coinvolgimento delle amministrazioni periferiche, che si sarebbero quindi trovate con un programma di riduzione degli interventi calato dall’alto.
È polemica anche sui tagli ai fondi contro il dissesto idrogeologico previsto dalla rimodulazione del Piano di ripresa e resilienza. Soldi che potrebbero rientrare dalla finestra attraverso un grande progetto di messa in sicurezza dell’Emilia-Romagna sul quale è già stato avviato un confronto fra Roma e Bruxelles. Un modo anche per attenuare le resistenze del governatore della Regione, Stefano Bonaccini. E ieri il ministro dell’Ambiente, Pichetto Fratin, ha assicurato che gli interventi contro il dissesto saranno tutti "recuperati".
Ma non basta. Dopo i rilievi del Servizio Studi della Camera, le incertezze sul Pnrr hanno suscitato più di un dubbio anche nei tecnici dell’Ufficio Bilancio di Montecitorio. Nella consueta nota congiunturale, che ha confermato la previsione di una crescita del Pil all’1% nel 2023 e all’1,1 nel 2024, non manca qualche zona d’ombra legata non solo agli scenari internazionali e alle evoluzioni della guerra in Ucraina, ma anche da quelli relativi al Pnrr, per il "quale il governo ha recentemente proposto alcune modifiche". E una bordata contro l’esecutivo arriva anche dal Financial Times che, in un articolo, sottolinea come fra i vari fattori che possono presentare dei rischi ci sono anche gli investimenti del Pnrr, "portati avanti molto più lentamente del previsto".