Roma, 11 maggio 2024 – Non si placano le polemiche politiche sull’emendamento presentato dal Governo in Commissione Finanze del Senato al decreto legge Superbonus. In particolare a far discutere è la decisione di spalmare le detrazioni su 10 anni anziché su 4-5 come avviene attualmente. E soprattutto ad alimentare lo scontro politico è la retroattività che avrebbe questa norma. Ma cosa vuol dire? Chi interessa? Cosa cambia?
L’emendamento al decreto Superbonus
È stato presentato nella notte fra venerdì 10 maggio e sabato 11 maggio in Commissione Finanze del Senato, l'emendamento del Governo al decreto legge Superbonus, bollinato dalla Ragioneria. Il testo contiene anche la norma che prevede – per le spese legate al Superbonus sostenute nell'anno 2024 – la ripartizione della detrazione in dieci quote annuali. La norma si applicherà anche al Sismabonus. La detraibilità in dieci anni delle spese per interventi col Superbonus riguarda un ammontare di detrazioni fruibili pari a quasi 12 miliardi tra il 2024 e il 2025.
Cosa vuol dire
Dunque anche chi ha fatto lavori, usufruendo del Superbonus nel 2024, e pensava di recuperare i soldi in 4 anni, lo farà invece in 10 anni. Facciamo un esempio. Poniamo che un contribuente, grazie al Supebonus, abbia da recuperare 10.000 euro di crediti di spese fatte. Su 4 anni l’operazione comporta un recupero (tramite la dichiarazione dei redditi) di 2.500 euro all’anno. Spalmando il recupero in 10 anni si otterranno 1.000 euro di rimborso all’anno (Mille euro per 10 anni fanno appunto 10.000 euro).
I vantaggi (per lo Stato)
I vantaggi per lo Stato sono presto detti. Invece di rimborsare i contribuenti in un lasso di tempo più breve (dovendo sborsare cifre più alte) ci impiegherà più tempo con una riduzione della spesa annua e dell’impatto sui conti pubblici di ogni singolo anno. La cifra finale sarà la stessa ma ci sarà più tempo per pagarla. Un bel vantaggio, soprattutto per il Governo nell’immediato (un po’ meno per chi verrà dopo, a partire dal 2029, che si troverà “spese impreviste in più”).
Gli svantaggi (per imprese e cittadini)
Innanzitutto i cittadini che hanno effettuato lavori, sfruttando il Superbonus, nel 2024 e che e pensavano di recuperare i soldi in 4-5 anni ora lo faranno in 10 anni. La “spalmatura” su 10 anni potrebbe poi rendere meno appetibile il Superbonus (un conto se faccio dei lavori e so di recuperare parte della cifra in 4 anni, un conto è in 10). Una differenza che potrebbe orientare una (o più persone) a non fare dei lavori qualora non siano “strettamente necessari”. Vale a dire: meno lavoro (potenziale) per le aziende. Un provvedimento che interessa anche le imprese coinvolte nella cessione del credito.
Cosa cambia per le banche
Per le banche arriva lo stop alla compensazione dei crediti di imposta del Superbonus con i contributi previdenziali e assistenziali e la loro rateizzazione in 6 anni. E' quanto prevede l'emendamento del governo al decreto Superbonus trasmesso alla Commissione finanze del Senato. La norma in particolare stabilisce per banche ed assicurazioni il divieto a partire dal 1 gennaio 2025 di compensazione dei crediti di imposta derivanti dall’esercizio delle opzioni di cessione del credito e di sconto in fattura con i contributi previdenziali, assistenziali e i premi per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. Lo stesso emendamento prevede che sempre a partire dal 2025 le rate annuali utilizzabili dei crediti d`imposta derivanti dalle comunicazioni di cessione o di sconto in fattura "sono ripartite in 6 rate annuali di pari importo, in luogo dell’originaria rateazione prevista per tali crediti". La rateazione resta a quattro anni per gli Istituti "che abbiano acquistato le rate dei predetti crediti a un corrispettivo pari o superiore al 75 per cento dell’importo delle corrispondenti detrazioni".
I conti per lo Stato
Passano da 4 a 10 rate annuali circa 12 miliardi di euro di detrazioni per le spese sostenute per gli interventi del Superbonus nel biennio 2025-2026. E' quanto emerge dalla relazione tecnica allegata all'emendamento del governo al decreto Superbonus trasmesso alla Commissione bilancio del Senato. In particolare, si tratta di 6.211 milioni di euro di dertazioni fruibili nel 2025 e di circa 5.780 milioni di euro di detrazioni fruibili nel 2026. L'allungamento delle rateizzazione porterà come effetto un maggiore gettito Irpef/Ires rispetto alle previsioni di bilancio di 1.630 milioni nel 2025, 2.448 milioni nel 2026, 1.798 milioni nel 2027, 1.565 nel 2028. D'altra parte lo spalmacrediti produrrà invece effetti negativi sui conti pubblici a partire dal quinto anno di rateizzazione e quindi un minore gettito di circa 900 milioni nel 2029, di 2 miliardi nel 2030 e di circa 1,2 miliardi l'anno dal 2031 al 2034 per poi scendere fino ad 112 milioni nel 2035.
I dubbi di incostituzionalità
Già nei giorni scorsi, prima ancora che lo scontro politico delle ultime ore si accendesse, da diverse parti (sia politiche sia imprenditoriali) erano stati avanzati dubbi di incostituzionalità del provvedimento. La retroattività comporta infatti un “cambio delle regole a partita in corso”, cioè che aveva iniziato i lavori con il Superbonus convinto di recuperare i soldi in 4 anni si vede cambiare unilateralmente le condizioni e lo dovrà fare in 10. Una questione che potrebbe anche aprire a contenziosi legali.