Roma, 9 marzo 2017 - La metà o quasi dei super burocrati dell’Inps guadagna 239mila 800 euro, appena 200 euro sotto il tetto massimo di legge dei 240mila. Una beffa, rafforzata dall’avere tutti o quasi lo stesso premio di risultato. È questa una delle prime sorprese del nostro viaggio nella "trasparenza" sugli stipendi dei grand commis nella Pubblica amministrazione. Un viaggio che comincia proprio dall’ente guidato da Tito Boeri. I file con le retribuzioni dei manager pubblici dell’istituto di Via Ciro il Grande sono rimasti fermi ai dati relativi al 2014 (dunque, precedenti alla sua gestione) per tutto il biennio 2015-’16 e solo qualche settimana fa, agli inizi di febbraio, sono stati inseriti quelli del 2015, con oltre un anno di ritardo. Degli emolumenti 2016 neanche l’ombra. Così come non si trovano le dichiarazioni fiscali e patrimoniali connesse ai nomi dei dirigenti indicati. E questo al di là degli obblighi formali, tanto è vero che l’Inail, per esempio, pubblica "tutto". Né è sufficientemente chiaro, per di più, tra acconti e saldi, stabilire quale sia l’effettivo stipendio annuo lordo per ciascuno dei dirigenti indicati: alcune voci retributive sono di competenza di un anno, altre di un altro.
Nonostante la scarsa "trasparenza", una cosa è certa: i dirigenti generali dell’Inps se la passano più che bene e si piazzano tra le prime posizioni nella speciale classifica dei super guadagni dei grand commis pubblici. Risulta di tutta evidenza, infatti, che se il tetto massimo delle retribuzioni dei manager pubblici è fissato a 240 mila euro l’anno (come per il presidente della Repubblica e il primo presidente della Corte di Cassazione), la maggior parte dei dirigenti generali si trova sotto la soglia di appena qualche centinaio di euro. E non è detto che non la superi, perché appare complicato stabilire che cosa imputare a un anno e che cosa a un altro. Forse sarebbe stato più utile e trasparente pubblicare la dichiarazione dei redditi di ognuno. Comunque, mettendo insieme tutte le voci (parte fissa tabellare, retribuzione di posizione fissa e variabile, premio di risultato), scopriamo che nel 2015 risultavano in servizio ben 44 dirigenti di primo livello, con una retribuzione complessiva annua ampiamente sopra i 210mila euro a testa, con circa venti recordman a quasi 240 mila euro: da Giulio Blandamura a Vincenzo Caridi, da Rosanna Casella ad Antonello Crudo, da Vincenzo Damato ad Antonio De Luca, da Cristina Deidda a Maurizio Manente, da Flavio Marica a Fabrizio Ottavi, da Luca Sabatini a Sergio Saltalamacchia, da Maria Sciarrino a Gabriele Uselli e altri. Ad appena mille euro in meno si trovavano Giovanni Di Monde, Giuliano Quattrone e Gabriella Di Michele, che a febbraio scorso è stata nominata direttore generale dell’Istituto.
E, a proposito, se il tetto è a 240mila euro e la dirigente già ne guadagnava 238mila, svolgerà il nuovo incarico per soli 2mila euro in più? E, del resto, a 240mila euro spaccati si è fermata la retribuzione 2016 dell’ex direttore generale Massimo Cioffi. Se dalla dirigenza di prima fascia si passa alla seconda, le retribuzioni restano comunque su livelli elevati. Su oltre 450 dirigenti di questa categoria, tutti (salvo quelli nominati in corso d’anno) si portano a casa stipendi ampiamente oltre i 100mila, con una quota rilevante che oscilla tra i 130 e i 150.
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