Prima la Brexit poi il referendum in Italia sulle riforme; sono i due voti che rappresenteranno il colpo di starter per la disgregazione della Ue e dell’euro? "I mercati e i think tank prevedono che nelle prossime settimane ci saranno forti pressioni sulle banche europee. La mia opinione è che in Italia vincerà il No, che il premier Renzi potrebbe dimettersi e che i partiti che vinceranno il referendum diventeranno più forti. Accelerando così la frattura con l’Unione europea e l’avversione verso l’euro".
Secondo lei, Renzi si dimetterà in caso di vittoria del No? "Lei conosce la politica italiana meglio di me. Ma non è un elemento decisivo. Se lui dovesse dimettersi, il processo di divorzio all’italiana potrebbe accelerare. Se restasse, sarebbe sicuramente più debole e dipenderebbe dalla Germania".
Se vincesse il Sì, non potrebbe essere il segnale del riscatto per rimodellare l’area Euro? "Per me tutto sembra essere nelle mani della Banca centrale europea. Ogni volta che in Europa avete un referendum o un’elezione, vi fate la domanda ‘dopo resteremo uniti?’. E vi aggrappate alla Bce come a una zattera".
Tra le sue proposte c’è anche quella dell’euro a due velocità, uno per i Paesi del Nord, l’altro per quelli del Sud. Sembra il modello del peso cubano, la moneta per cubani e per turisti... "Non credo sia possibile in Europa. L’ideologia dei banchieri centrali e della Commissione Europea è fortemente contraria alla doppia valuta. Ma nel mio libro indicavo la strada di una valuta diversa per il mercato dei beni e per quello dei capitali".
L’austerità tedesca è il veleno che uccide le riforme nella Ue? "La Germania ha imposto il rigore che ha ucciso la crescita in Europa. Credo sia molto difficile fare le riforme quando il popolo soffre. Molti tedeschi, invece, credono che il tempo migliore per fare le riforme sia proprio quando c’è crisi. Secondo me, quando le riforme sono fatte con la pistola puntata alla testa vengono partorite male, non sono accettate dai cittadini e diventano insostenibili".
E' ciò che è accaduto in Grecia e che potrebbe accadere in Italia? "Sì, è successo nella Grecia di Tsipras. Io gli avevo consigliato di uscire dall’euro. Non so che senso abbia avuto imporre al popolo greco tutti questi sacrifici, quando la maggior parte degli analisti è convinta che la Grecia esca dall’euro prima del 2020. Le opinioni pubbliche europee pensano che le politiche di tagli siano il frutto di governi democraticamente eletti, ma troppo deboli verso la Germania. Non è una sorpresa per me vedere che in Francia Hollande è impopolare, che Renzi abbia perso consensi, che in Spagna non si riesce a formare un governo".
Forse non è un male, visto come va l’economia spagnola... "Lei crede? Il Pil nel 2015 è salito del 3,2%, nel 2016 rallenterà. E il tasso di disoccupazione non si è schiodato dal 20%".
Lei pensa che la Brexit sia stata uno shock positivo? "Avrebbe dovuto esserlo. La prima reazione è stata inaspettatamente negativa. Poi Juncker si è affrettato a illustrare le virtù del modello unitario, per impedire altre uscite. Avrebbe dovuto spiegare i fattori positivi e le opportunità dello stare insieme, piuttosto che puntare sulla paura".
Dopo l’Italia, si voterà in Germania e Francia: la Ue potrebbe trovare una nuova spinta? "La Gran Bretagna è fuori, l’Italia, la Francia e, ovviamente la Spagna, avranno governi debolissimi. Tutto si concentrerà in Germania, dove ci sono le pressioni della destra di AfD. Per far sopravvivere l’euro servirebbero riforme urgenti, ma nessuno avrà la forza per farle".
Tra 5 o 10 anni l’euro sparirà? "La domanda giusta è quale euro ci sarà tra 5 anni, quanti dei 19 Paesi dell’Eurozona di oggi, resteranno. Economist Intelligence Unit dà il 60% di possibilità di uscita della Grecia, e rischi molti alti per l’Italia. La Brexit ha fatto vedere che l’alternativa c’è".
Non è troppo ottimista? Siamo in time-out, la Gran Bretagna è ancora nella Ue... "Finora non sono apparse tutte quelle conseguenze gravissime paventate dagli avversari della Brexit. È vero che è troppo presto, ma i mercati finanziari non prevedono collassi. E loro guardano lontano".
Qual è stato l’errore più grande? L’austerità, l’allargamento a 27, il bail-in per le banche... "L’errore più grande è stato lanciare l’euro senza avere le infrastrutture politiche ed economiche capaci di gestirlo. È stato un errore strutturale. Gli altri sono stati consequenziali".
Come il bail-in, appunto... "Far pagare ai piccoli risparmiatori i debiti delle banche è un suicidio. Le conseguenze sono che la gente perde fiducia nelle banche, che le banche non raccolgono più denaro e che l’economia non ha più soldi per andare avanti. A pagare dovrebbero essere i grandi azionisti e i grandi obbligazionisti. Hanno avuto grandi guadagni per i loro rischi, ora dovrebbero pagarne i costi".