Roma, 12 ottobre 2024 - L'audizione di Carlos Tavares, ceo di Stellantis, di ieri presso le commissioni Attività produttive della Camera e Industria del Senato ha scatenato reazioni negative. Sia forze di maggioranza e quelle dell'opposizione hanno accusato l'amministratore delegato di Stellantis di non avere spiegato come intenda invertire il declino industriale dell'automotive. Mentre il manager in realtà ha chiesto incentivi: Stellantis "non ha intenzione di abbandonare l'Italia, abbiamo un piano per tutti i siti produttivi" e produrre in Italia veicoli in linea con le regole Ue sull'elettrico ha "costi troppo alti", il "40% in piu'" di quelli che "devono sostenere i nostri concorrenti". Per questo sono necessari "regole certe" e "notevoli incentivi".
Salvini: "Dovrebbe vergognarsi"
Il vicepremier e ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini all'inaugurazione della M4 a Milano ha commentato duramente le parole di Tavares: "Il settore in crisi anche per colpa sua. L'ad di Stellantis dovrebbe vergognarsi e chieder scusa. Non è più in condizioni di chieder niente per come hanno mal gestito e male amministrato un'azienda storica italiana. E ha ribadito: "L'ad e la dirigenza di Stellantis dovrebbero chiedere scusa agli operai, agli ingegneri, ai tecnici, agli italiani e alla storia dell'auto italiana".
Orsini: "Chiedere ulteriori inventivi è una pazzia"
Anche il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, ha commentato negativamente le parole del Ceo di Stellantis: "Noi abbiamo bisogno che le produzioni in Italia vengano mantenute. E chiedere ulteriori incentivi mi sembra onestamente una pazzia". Orsini ha aggiunto: "Noi abbiamo bisogno di piani industriali seri, imprese che siano serie sul territorio e che restino, ovviamente, a costruire i propri prodotti nel nostro Paese".
Fratoianni: "Comportamento padronale"
Nicola Fratoianni di Avs non è sorpreso dalle richieste di Tavares: "Il comportamento padronale di chi da anni gestisce male una azienda e che ha capito male e in ritardo la transizione all'elettrico e ora vuole scaricare sui lavoratori. Come sempre". Fratoianni ha sottolineato: "Hanno cancellato investimenti, annullato la ricerca, ma hanno preteso fondi pubblici. Hanno perso quote di mercato, stanno condannando a morte i lavoratori e il settore dell'auto in Italia e continuando a pretendere fondi pubblici, senza prendere alcun impegno. Ma se un lavoratore sbagliasse così tanto sul suo posto di lavoro cosa accadrebbe? L'Italia è stata benevola con l'industria dell'auto e con l'ex Fiat. Adesso tocca a loro avere senso di responsabilità. Se Tavares non ha le risposte che chiediamo, allora si convochi direttamente Elkann in Parlamento. E per una volta il governo rispetti i cittadini italiani, invece che le grandi imprese".
Urso: "Il sistema paese unito"
Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso: "Nelle reazioni di parlamentari e dei sindacati" credo che Tavares "si sia reso conto che il sistema paese unito, maggioranza e opposizione, sindacati e imprese, chiedono alla grande multinazionale di restare in Italia e di affrontare con noi la sfida della transizione che il nostro paese può fare meglio di altri, l'importante è che ciascuno faccia la sua parte e gli stabilimenti tornino a un livello di produzione più consono, altrimenti costi sono più elevati".
Landini: "Stellantis non ha investito, ha solo tagliato"
Secondo il segretario generale della Cgil Maurizio Landini la situazione "è drammatica" e serve un intervento diretto di Palazzo Chigi. Il segretario generale della Cgil ha ricordato: "Sono 2 anni che chiedevamo che Tavares venisse in parlamento e che chiediamo che palazzo Chigi convochi Tavares", facendo notare che Stellantis non ha investito in questi anni, neanche in ricerca e sviluppo, e che la produzione nel 2024 scenderà sotto 300 mila unità: non succedeva, ha detto, dal 1957. Landini: "Stellantis ha ridotto in questi anni più di 12.000 posti di lavoro, tagliando anche nella ricerca e nello sviluppo. E da questo punto di vista l'azienda continua a pensare di andare a produrre da altre parti, come in Marocco".