Giovedì 21 Novembre 2024
CLAUDIA MARIN
Economia

Stellantis, Elkann snobba il Parlamento. Meloni pianta i paletti: “Dialogo senza sudditanza”

L’affondo di Foti (Fdi): “È l’erede di chi è stato molto bravo a socializzare le perdite e privatizzare gli utili”

Roma, 31 ottobre 2024 – Il caso Stellantis approda in Parlamento e finisce in una dura polemica tra la politica (di maggioranza e di opposizione) e il presidente del gruppo, John Elkann, che ha rifiutato la richiesta di riferire in Commissione attività produttive alla Camera. Un atteggiamento che è stato drasticamente criticato e respinto al mittente da tutti i leader di partito: uno sgarbo istituzionale inaccettabile. Una mossa bocciata senz’appello da Giorgia Meloni e che, secondo indiscrezioni, avrebbe anche irritato il Quirinale. Tanto che, non a caso, in serata il numero uno della multinazionale chiama il presidente di Montecitorio, Lorenzo Fontana, per tentare di disinnescare la polemica e spiegare che l’azienda è aperta “al dialogo con tutte le istituzioni, come da sempre il gruppo fa in tutti i Paesi in cui è presente, Italia in primis”. A scatenare la nuova e più delicata bufera su Stellantis è stata la lettera con la quale Elkann ha annunciato che non andrà in Parlamento in attesa della convocazione a Palazzo Chigi, prevista dalle mozioni approvate dalla Camera. “Non abbiamo nulla da aggiungere rispetto a quanto già illustrato dall’amministratore delegato”, ha scritto.

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John Elkann (Ansa)

Parole e rifiuto che hanno scatenato reazioni a catena da parte di tutte le forze politiche, di opposizione e maggioranza, e che culminano in serata con le dichiarazioni della premier: “Ha mancato di rispetto al Parlamento. Gli sfuggono dei fondamentali, le Camere sono diverse dal governo”. Per aggiungere che quello con Stellantis “è un dialogo che continueremo a fare senza sudditanza e senza condizionamenti: ciò non toglie che sarebbe stato più che sensato andare in Parlamento ad ascoltare che cosa il Parlamento della Repubblica italiana, nazione che a quella che oggi è Stellantis ha dato moltissimo, avesse da dire all’azienda”. Non basta, insomma, il tentativo distensivo di Elkann che, in una conversazione telefonica con il presidente della Camera, spiega che l’azienda è aperta “al dialogo con tutte le Istituzioni” e sottolinea che “in questi anni non c’è stato nessun disimpegno in Italia” ma “un grande sforzo per orientare la nostra attività verso il futuro con prodotti competitivi”.

Di certo la politica chiederà di nuovo ad Elkann di essere audito. Lo ha fatto sapere il presidente il presidente della commissione Attività produttive della Camera, Alberto Gusmeroli. Ma neanche questo ha fermato la polemica. Anzi. Il mondo politico, da destra a sinistra, non ha apprezzato la decisione di Elkann e Stellantis è tornata sotto il fuoco incrociato della maggioranza e dell’opposizione. “Occorre stigmatizzare l’atteggiamento del presidente di Stellantis John Elkann” avvisa la segretaria del Pd, Elly Schlein. “Qui non si tratta di avere qualcuno sul banco degli imputati ed esporlo al pubblico disonore, ma di trovare tutti insieme la possibilità di uscire fuori dalle difficoltà”, insiste il presidente del M5s, Giuseppe Conte. Per la Lega è una “vergognosa offesa alle istituzioni: prima Stellantis prende i soldi e scappa all’estero, ora John Elkann diserta il Parlamento. La sua presenza è un obbligo, non solo morale, per rendere conto al Paese di una gestione scellerata nonostante gli enormi contributi pubblici”.

Tommaso Foti, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, definisce “sconcertante che l’erede di chi è stato molto bravo a socializzare le perdite e privatizzare gli utili della Fiat snobbi il Parlamento”. Il segretario di Azione, Carlo Calenda, parla di “un grave sgarbo istituzionale” da parte di Elkann e insiste: “Verrà in Parlamento, insisteremo: ha il dovere di rispondere”. Non nasconde l’irritazione anche il ministro Adolfo Urso perché in attesa dell’audizione ha rinviato al 14 novembre la convocazione del tavolo Stellantis. Ma i sindacati non lo considerano più l’interlocutore giusto e vogliono che il confronto si sposti a Palazzo Chigi. E, dunque, toccherà a Meloni prendere in mano la partita della drammatica crisi dell’auto.