Roma, 11 luglio 2024 – Non c’è pace per gli stabilimenti balneari. Oltre alla spada di Damocle dei rinnovi delle concessioni, previsti dalla direttiva Bolkstein che l’Italia non ha ancora attuato, la nuova doccia fredda è arrivata ieri dalla Corte di Giustizia del Lussemburgo che, di fatto, ha stabilito un principio semplice semplice: tutte le opere realizzate dalle aziende durante il periodo delle concessioni, passano gratuitamente allo Stato alla scadenza del contratto.
La vicenda giudiziaria parte da Rosignano Marittimo dove la Società Italiana Imprese Balneari aveva realizzato una serie di opere nello stabilimento in concessione. Al momento del rinnovo, tutto era passato a titolo gratuito allo Stato, come previsto dal codice della navigazione. Con una conseguenza che ha fatto infuriare gli imprenditori: l’aumento dei canoni demaniali. Come a dire, oltre al danno per il mancato riconoscimento degli investimenti, anche la beffa di un contratto più oneroso. Era stato il sindacato di categoria Siib – oggi guidato da Antonio Capachione – a rivolgersi al Consiglio di Stato che, a sua volta, aveva interpellato la Corte di giustizia europea.
Il verdetto è arrivato oggi e ha dato ragione al Demanio. Per i giudici del Lussemburgo, infatti, la norma del codice di navigazione italiana non costituisce una restrizione alla libertà di stabilimento e, soprattutto, "è opponibile a tutti gli operatori esercenti attività nel territorio italiano" dal momento che gli "operatori economici si trovano ad affrontare la medesima preoccupazione, che è quella di sapere se sia economicamente sostenibile presentare la propria candidatura e sottoporre un’offerta ai fini dell’attribuzione di una concessione sapendo che, alla scadenza di quest’ultima, le opere non amovibili costruite saranno acquisite al demanio pubblico". Quindi, dal momento che non c’è alcuna discriminazione, la procedura del Demanio è regolare".
Diametralmente opposta la posizione dei sindacati di categoria che esprimono sconcerto e preoccupazione per una sentenza che "fa perdere alle aziende" gli investimenti fatti "senza alcuna compensazione, mettendo in discussione la capacità e la volontà di investire a fronte della minaccia di non vedere riconosciuti tali investimenti al termine della concessione". Questa sentenza prefigura una violazione dei diritti di proprietà, "trattandosi di una forma di esproprio senza indennizzo, in contrasto con i principi generali garantiti dal nostro ordinamento giuridico", dice ancora Assobalneari rilanciando al governo Meloni la richiesta di "intervenire immediatamente".