Roma, 21 novembre 2018 - È un doppio grido d’allarme quello che arriva da imprese e banche nel giro di due giorni e con uno spread che tocca i 335 punti. La tensione sui titoli di Stato italiani comincia a riversarsi sui mutui per le famiglie e sui prestiti per le imprese. È l’allarme contenuto nei dati dell’Abi, che mettono in evidenza anche nuove emissioni più care per le banche mentre i gestori dei fondi di investimento cominciano a parlare apertamente di «rischio Italia». Secondo l’associazione bancaria in ottobre si registra infatti un incremento «non ancora molto accentuato» dei tassi di interesse sulle nuove operazioni di finanziamento «risentendo dell’aumento dello spread nei rendimenti dei titoli sovrani».
Sull’altro versante, il rilancio delle preoccupazioni da parte di Confindustria. E nel mirino non c’è solo la manovra. La trincea degli industriali contro la politica anti-impresa passa oggi anche per lo scontro nel governo sui rifiuti in Campania e rilancia la battaglia per aprire e non chiudere i cantieri. «Si parte dalla Torino Lione e si parlerà dell’importanza delle infrastrutture» a Torino, «un simbolo», dove Boccia riunirà il 3 dicembre i circa duecento industriali che reggono le fila del sistema di rappresentanza di via dell’Astronomia: il Consiglio generale, con i presidenti delle associazioni territoriali di tutt’Italia e delle categorie. "Questo Paese deve domandarsi in futuro cosa sarà e cosa vuole essere – spiega – l’Italia che vogliamo immaginare: una Italia centrale tra Europa e Mediterraneo, aperta a Est e Ovest». Il tutto mentre il Centro Studi di Viale dell’Astronomia prevede crescita debole nel quarto trimestre con l’avviso: «Imprese non finanziarie, banche e assicurazioni sono contributrici nette della manovra: per il 2019 il totale degli interventi previsti toglierà risorse alle aziende per oltre 6 miliardi di euro». Con un impatto negativo sul Pil del 2019. Nessuna voglia «di piazza», «per adesso no», se accadrà – incalza Boccia – «vorrà dire che siamo proprio alla frutta e speriamo di non arrivarci»; Anche se: «Se qualcuno poi ci provoca sarà una opzione che dovremo valutare». La voglia di mobilitazione invece c’è e come: «Le nostre piazze sono le nostre assemblee». Sulla manovra le distanze restano: «Quando sentiamo dire ‘che ce ne frega dello spread’ – è la stoccata del presidente di Confindustria – capiamo che dobbiamo contribuire ad alfabetizzare la politica. Dobbiamo spiegare le ragioni dell’economia».
Ecco gli effetti per imprese e famiglie:
Prestiti e mutui. Primi rincari per le famiglie
L’effetto rialzo dello spread sui titoli di Stato per la prima volta colpisce i tassi bancari sui nuovi finanziamenti alle famiglie. Il tasso medio – secondo il rapporto mensile dell’Abi - sulle nuove operazioni per l’acquisto di abitazioni sulla base delle stime dell’associazione, ad ottobre è risalito all’1,87% dall’1,80% di settembre. Il tasso minimo record per i mutui casa risale invece al luglio scorso (1,79%). Ugualmente la crescita dei prestiti alle famiglie frena ad ottobre ma mantiene il segno positivo. I dati stimati dall’Abi nel rapporto mensile mostrano un incremento annuo degli impieghi alle famiglie dell’1,87% rispetto al +2,28% registrato a settembre sempre su base annua.
Imprese, rischio stretta. Finanziamenti in salita
Il tasso medio sui nuovi prestiti alle imprese è risalito invece all’1,6% dall’1,45% segnalato a settembre. Secondo gli analisti dell’Abi si tratta, per ora, solo di un cambio di segno, ma non di una brusca risalita. Saranno i prossimi mesi a far capire se si è davanti a un definitivo cambiamento di rotta. I tassi sui nuovi finanziamenti alle imprese avevano registrato il minimo storico nel gennaio scorso (1,42%). Anche la crescita degli impieghi alle imprese subisce un rallentamento ad ottobre ma mantiene il segno positivo. A dimostrazione che il credit crunch legato al perdurante rialzo dello spread sui titoli sovrani per ora è solo un rischio e non un fenomeno misurabile.
Il debito lievita ancora. Altri 5 miliardi per lo Stato
L’aumento dello spread è costato al servizio del debito e, dunque, al contribuente, quasi 1,5 miliardi di interessi in più negli ultimi sei mesi, rispetto a quanto si sarebbe maturato con i tassi che i mercati si aspettavano ad aprile. Il costo sarebbe di oltre 5 miliardi nel 2019 e circa 9 nel 2020, se i tassi dovessero restare coerenti con le attuali aspettative dei mercati. A fare i conti sono gli analisti di Bankitalia. Da qui l’indicazione del rischio dell’avvio di un circolo vizioso tra disavanzo, tassi, fiducia e crescita, da evitare a tutti costi. Tanto più che tenuto anche conto delle attuali condizioni finanziarie internazionali, episodi di improvvisa volatilità, per improbabili che possano apparire al momento, non possono essere esclusi.
Nuove obbligazioni. Maggiori spese per le banche
Il primo impatto dell’aumento dello spread sulle banche è presto detto. Il rendimento delle nuove emissioni di obbligazioni è risultato in sensibile aumento nel corso degli ultimi mesi, «risentendo dell’aumento dello spread nei rendimenti dei titoli sovrani». A metterlo nero su bianco sono sempre gli analisti dell’Abi nel loro rapporto. A settembre 2018 si registra un valore pari a 1,71% rispetto al valore minimo di 0,56% registrato a maggio 2018. D’altra parte, come indicano da Bankitalia l’aumento dello spread sovrano si ripercuote sull’intera economia e la crescita dei tassi di interesse sul debito pubblico ha un effetto in qualche modo comparabile a una stretta monetaria.