"LA LEGGE sugli extra-profitti rischia di mettere in ginocchio il settore delle energie rinnovabili in Italia, paradossalmente quello che dovrebbe essere il “motore“ della conversione energetica italiana. Chiediamo al governo che il contributo sui proventi extra sia uguale per tutti, al 25%. E che gli impianti fotovoltaici siano considerati beni funzionali alla trasformazione delle imprese in chiave industria 4.0, usufruendo di incentivi e agevolazioni". A dirlo è Veronica Pitea, presidente di Aceper (Associazione dei Consumatori e Produttori di Energie Rinnovabili) che rappresenta 10.000 impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, con oltre 7mila associati in tutta Italia. L’associazione è nata nel 2014 dalla volontà di un gruppo di piccoli imprenditori che hanno investito nelle fonti rinnovabili maturando l’esigenza di un interlocutore unico capace di farsi portavoce delle loro istanze nelle sedi istituzionali. "Producono oltre 900 GWh di energia elettrica pulita e illuminano l’equivalente di 6 grandi città, Roma, Milano, Napoli, Bologna, Bari e Palermo messe insieme", precisa la numero uno di Aceper. "Parliamo comunque di mini-impianti, avviati negli anni scorsi da piccoli imprenditori dell’agricoltura, industria e artigianato che hanno fatto installare nei campi o sui tetti dei panelli fotovoltaici per l’autoproduzione dell’elettricità e la rivendita dell’energia in eccesso sul mercato. Ma quest’ultima non è il loro core business. E ha richiesto anche un investimento notevole: per un impianto da 100 kilowatt serve almeno mezzo milione di euro", spiega Pitea.
Con la fiammata dei prezzi dell’energia è successo che anche i profitti per i piccoli produttori siano aumentati. "È vero che il prezzo dell’energia è aumentato, ma l’extraprofitto viene assorbito dai costi di realizzazione. In particolare l’aumento dei costi delle materie prime e della manodopera è pari al 40% in più rispetto già ad ottobre 2021. Questi ricavi energetici inoltre sono indirizzati a ricoprire i costi di manutenzione. Diventano anche flusso di cassa per riuscire a contenere i prezzi dei loro prodotti e contenere la spinta all’inflazione". Ma a causa del contributo sugli extra profitti, però, gli operatori non possono più intascare tutti i proventi dell’energia che vendono sul mercato. "Facciamo un esempio con un mini-impianto da 100 kilowatt. Per 50mila kilowatt che può vendere in rete, per effetto di questa legge, su 12.500 euro di guadagni lo stato nel maxi-conguaglio di ottobre se ne riprenderà indietro 9.700".
Che fare? "I piccoli imprenditori sono responsabili e vogliono fornire il loro contributo per risollevare le sorti del Paese e delle famiglie alle prese con il caro bollette. Il punto è che ci sono due pesi e due misure. Il prelievo sugli extra-profitti per i colossi energetici è pari al 25%. Per i piccoli impianti è superiore. La percentuale dovrebbe essere uguale per tutti. Gli impianti fotovoltaici inoltre dovrebbero essere considerati beni strumentali in ottica di industria 4.0, usufruendo di credito di imposta". Gli imprenditori sono sul piede di guerra. A marzo si è ventilata l’ipotesi di una chiusura degli impianti fotovoltaici per tre giorni: "Una soluzione che al momento abbiamo deciso di accantonare per non creare danni alla rete elettrica nazionale. Ma le imprese che hanno investito nel fotovoltaico adesso si sentono con le spalle al muro". La questione inizia da lontano: "Quando il bilancio pubblico è in difficoltà ci usano come bancomat. Tutto ciò parte dal 2015 con lo ‘Spalma Incentivi’, poi con le nuove tasse per l’autoproduzione da fonti rinnovabili, poi gli oneri di dispacciamento... per arrivare alla ‘Tremonti Ambientale’ che rischia di far fallire migliaia di imprese, portando di conseguenza allo spegnimento di altrettanti impianti di produzioni di energia rinnovabile e al taglio sui prezzi di vendita dell’energia". A cui si è aggiunto il nuovo capitolo: la legge sugli extra-profitti.
"Nel 2011, con tutte le difficoltà, senza le semplificazioni e con i gestori di rete in forte difficoltà per le richieste ricevute, abbiamo attivato circa 9 Gw di potenza. In quel periodo, in Italia, si è concentrato il 33% degli investimenti mondiali per il fotovoltaico; oggi per trovare il nostro Paese nell’indice degli investimenti mondiali bisogna scendere al 15esimo posto. Secondo un recente report di Althesys, in Italia nel 2021 si è verificato un +48% di investimenti nelle rinnovabili, ma col 70% dei progetti fermi. Come già segnalato parecchie volte da noi di Aceper, purtroppo in Italia i progetti presentati, visto l’iter burocratico troppo complesso, sono spesso bloccati in fase autorizzativa. Se puntiamo sulle rinnovabili e al risparmio di almeno 7 miliardi di metri cubi di gas entro il 2025, ci pare anche alquanto strano che il governo continui a contraddistinguersi per un accanimento ancor più accentuato dei suoi predecessori nei confronti delle Energie Pulite", rimarca la numero uno di Aceper. "Tutto questo – conclude Pitea - si verifica in un contesto difficile. Per i pezzi di ricambio come pannelli e inverter i prezzi sono esagerati e i tempi di consegna sono biblici. Così rischiamo che quando l’impianto smetterà di funzionare per un guasto, un imprenditore non più certo del ritorno di investimento rinunci alla manutenzione e lo lasci “morire“". Col pericolo che la Penisola si riempia di "cimiteri" di pannelli fotovoltaici.