Gli effetti del cambiamento climatico sono non solo noti alle comunità scientifiche, ma sempre più evidenti alla collettività. Questo però non significa automaticamente che le reazioni individuali, collettive e istituzionali siano coerenti per direzione e intensità alle sfide che siamo chiamati ad affrontare.
In questo scenario chi si occupa di cultura, sia come individuo che come organizzazione, inevitabilmente si trova a giocare simultaneamente almeno tre ruoli:
come tutte e tutti, è chiamato a fare la sua parte nella realizzazione di un cambiamento generale: e quindi nello specifico deve preoccuparsi di affrontare gli effetti del cambiamento climatico (ad esempio sulla conservazione dei monumenti, delle opere, delle tradizioni) e a mitigare il proprio impatto sull’ambiente;
si occupa “per mestiere” di costruire immaginari e deve quindi partecipare alla costruzione di nuovi sguardi e approcci capaci di stimolare la consapevolezza della collettività sull’emergenza climatica, su quanto è perduto o a rischio, sull’urgenza di una reazione, sulle possibilità future;
deve necessariamente svolgere anche un ruolo di mediazione, rappresentando un terreno sicuro, pubblico e informato di confronto con il mondo della tutela dell’ambiente e della biodiversità.
La giornata - curata con la Fondazione Scuola dei beni e delle attività culturali che, al rapporto tra cambiamento climatico e patrimonio culturale ha dedicato attività di studio e disseminazione - è articolata su tre sessioni: gli argomenti in discussione traggono spunto dai temi evidenziati nel rapporto "Future of our pasts: engaging cultural heritage in climate action" redatto da Icomos (International council of monuments) nel 2019 per sostenere il coinvolgimento del patrimonio culturale nell'azione di contrasto al cambiamento climatico.