Martedì 6 Agosto 2024

Shrinkflation, cos'è: meno prodotto, stesso prezzo. E’ legale?

Minore quantità nella confezione con il costo per i clienti che resta invariato: pratica corretta o viola in Codice del consumo?

Crediti iStock - Shrinkflation

Crediti iStock - Shrinkflation

Roma, 9 ottobre 2023 – Con shrinkflation si fa riferimento ad un fenomeno per il quale la quantità di prodotto all’interno di una confenzione viene ridotta, mantenendo invariato il suo prezzo di mercato. Con la stessa somma di denaro, dunque, i consumatori ottengono una quantità minore del bene da poter utilizzare. Si tratta di un fenomeno in crescente aumento e, per sua natura, abbastanza silente, con i cliente che non si rendono immediatamente conto della sua presenza. Proprio ques’aspetto ha indotto molti economisti a considerare la shrinkflation una pratica commerciale estremamente scorretta.

Approfondisci:

Shrinkflation gelati, quando il cono (e le confezioni) si rimpiccioliscono

Shrinkflation gelati, quando il cono (e le confezioni) si rimpiccioliscono

Shrinkflation, cos’è?

Il termine shrinkflation è una combinazione di due termini inglese, ovvero to shrink, cioè restringersi, e inflation (inflazione), che in italiano potrebbe essere tradotto con rincaro occulto. Da un punto di vista pratico questo fenomeno si sostanzia nel fatto che all’interno della confenzione di un dato prodotto, come ad esempio le patatine in busta, viene inserita una minore quantità del bene - le patatine - con il prezzo al pubblico che rimane invariato. I consumatori, dunque, subiscono una riduzione del loro potere d’acquisto, tipica dell’inflazione, in quanto con la stessa somma di denaro acquistano una minore quantità di prodotto. Il tratto distintivo della shrinkflation è che molto spesso i consumatori non si accorgono della sua presenza, e continuano ad acquistare i prodotti perchè orientati solo da una logica di prezzo che, in questo caso, resta invariato. Anche la variazione della quantità di prodotto è spesso impercentibbile, proprio per evitare che venga subito notata. Le aziende, mettendo in pratica questa opzione, cercano di mantenere invariato o aumentare il proprio margine di guadagno su ogni singolo prodotto che viene venduto. Una piccola riduzione di prodotto nella scatola può essere infatti impercettibile per il consumatore, ma la somma di tutti quei piccoli risparmi permette all’azienda di aumentare il proprio utile.

Approfondisci:

Calano gli sprechi alimentari. Ma è merito del calo dei consumi

Calano gli sprechi alimentari. Ma è merito del calo dei consumi

Shrinkflation, alcuni esempi

Sono molti gli esempi di shrinkflation che potrebbero essere fatti. Tra i più noti c’è sicuramente il Toblerone, ovvero la celebre barra di cioccolato prodotta da Kraft. Nel tempo la quantita di cioccolata presente nella scatola è andata sempre dimunendo: nel 2010 è passata da 200 a 170 grammi, mentre nel 2016 è scesa a 150 (meno 25% in 6 anni). E ancora Coca-Cola, passata nella sua confezione grande dal formato da 2 litri a quello da 1,75, e la cioccolata Milka, passata nella confezione standard da 300 a 270 grammi.  

Il contrasto alla shrinkflation

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, l’Antitrust, vista la crescente espansione del fenomeno della shrinkflation ha avviato negli ultimi mesi un’istruttoria per verificare che le strategie adottate dalle aziende commerciali non risultino scorrette e, dunque, violino il Codice del Consumo. Come si diceva in precedenza, per molti economisti la shrinkflation rappresenta una pratica commerciale scorretta, a prescindere da quello che sarà il responso dell’analisi dell’Antitrust. Tra chi non vede di buon occhio questo fenomeno c’è Davide Etzi, psicologo ed economista comportamentale, che lo definisce come “una forma di inflazione occulta e un modo per creare un inganno percettivo al consumatore”. Per Etzi l’inganno sta nel fatto che i clienti acquistano un prodotto perchè il suo prezzo resta costante, ma sono all’oscuro del fatto che le quantità al suo interno sono state ridotte per aumentare o mantenere invariato (in caso di forte inflazione) il guadagno dell’azienda produttrice. “Non è solo una pratica commerciale – aggiunge Etzi – ma di marketing e di sistema economico. Ovvero molto più pericolosa, perché impatta subdolamente sulla cultura e sulle distorsioni cognitive dei consumatori/cittadini”.

Se vuoi iscriverti al canale WhatApp del Quotidiano Nazionale clicca qui