Roma, 12 settembre 2024 – Fino a qualche decennio fa era una prassi consolidata nelle famiglie, quella di “passare” i vestiti fra fratelli, cugini, riutilizzando quei capi che, crescendo, diventavano stretti. Da alcuni anni, il cosiddetto mercato del “second hand” è tornato prepotentemente alla ribalta, un po' per necessità economiche, un po' per un tema di economia circolare, e un po' perché è sempre più trendy vestire con abiti non di marca, vintage e di seconda mano.
Un mercato che vola verso i 350 miliardi di dollari
Secondo uno studio realizzato da Global data per Thredup, questo mercato dell'usato raggiungerà i 350 miliardi di dollari nel giro di cinque anni, soprattutto grazie all'e-commerce. Negli Stati Uniti, mercato principale, si stima che oltre la metà della popolazione ha acquistato almeno una volta un abito usato, e si sale al 65% con la Generazione Z, che ha l'abitudine di cercare prima nel mondo dell'usato, per poi eventualmente guardare i siti o i negozi di abiti nuovi. Secondo la terza edizione del report di Boston Consulting Group (Bcg) con Vestiaire collective, altra app molto usata, che però ha il suo focus sul lusso, tale mercato vale già tra i 100 e i 120 miliardi di dollari per le categorie di abbigliamento, calzature e accessori, ed è frequentato dai cosiddetti pentiti, gli ex fashion victim che hanno smesso con lo shopping compulsivo o con l'idea del brand esclusivo, e vedono nel futuro della moda un suo ritorno al passato, alla semplicità, al risparmio, al buon senso che vieta di gettare capi ancora in ottimo stato, solo perché non recenti. Un altro aspetto da rilevare, è che sono sempre di più le aziende che offrono, nel loro shop online, la possibilità di acquistare le proprie linee usate, dopo selezione e controllo qualità. Un modo per dare ancora nuova vita a vecchi capi ancora in buono stato, e per venire incontro ad un mercato in continua evoluzione.
Abiti e circolarità
La produzione di abbigliamento e calzature incide circa per il 5% sul totale dei rifiuti solidi urbani, e spesso non è possibile recuperare interamente i materiali, costituiti prevalentemente da pelle, gomma, plastiche e tessuti. Infatti, il tasso di riciclaggio medio è del 13%. Nell'ultimo rapporto sui rifiuti urbani 2023, realizzato dall'Ispra, l'Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale, il dato che riguarda le frazioni merceologiche di rifiuti urbani da raccolta differenziata, pari a 62mila tonnellate, ci dice che tali rifiuti sono costituiti principalmente da rifiuti di abbigliamento, oltre 47mila tonnellate, prodotti prevalentemente in Toscana, Lombardia e Piemonte, circa 9mila tonnellate per regione, ed hanno come mercato di recupero soprattutto la Tunisia, che importa circa 30mila tonnellate. Dunque, ogni abito non mandato al macero, bensì rivenduto come capo di seconda mano, genera un beneficio all'ambiente, nella misura della Co2 che sarebbe stata prodotta realizzandone uno ex novo.
Vinted, l'app più diffusa
A farla da padrone, come detto, sono le nuove app che consentono di vendere e comprare abiti usati. Fra queste, la più diffusa è Vinted, un colosso del valore di 3.5 miliardi, con oltre 800 dipendenti e 45 milioni di iscritti. Molto usate anche Subito e Wallapop, quest'ultima con 180 milioni di articoli in catalogo e 15 milioni di utenti. Ma trovano sempre più spazio anche i negozi che vendono capi usati, magari firmati, a prezzi molto concorrenziali, che offrono ancora l'esperienza dell'acquisto fatto in presenza, della prova in camerino, magari del confronto con la commessa per un consiglio, in un'ottica un po' boomer ma che conserva ancora il suo fascino.