Roma, 4 ottobre 2024 – Mentre il comparto della moda registra una crisi globale profonda, con tutti i settori chiave in sofferenza (tessile, abbigliamento, calzature e borse), lo sportswear continua la sua corsa. Secondo gli analisti di McKinsey, infatti, l’industria dell’abbigliamento e delle scarpe per la pratica sportiva è tornata a crescere del +6% nel 2023 e vedrà un’accelerata fino al 7-8% al 2030. Un balzo in avanti dovuto, da un lato, all’affermarsi di nuovi brand e, dall’altro, a un maggiore dinamismo dei mercati del Nord America e Asia-Pacifico. Euromonitor ha stimato che il settore raggiungerà un valore di circa 400 miliardi di dollari nel 2024 e sfiorerà i 540 miliardi nel 2030, con una crescita del 37% per l’abbigliamento sportivo e del 23% per le scarpe sportive.
Le ragioni della crescita
Un rialzo vertiginoso, dunque, dovuto principalmente al successo planetario della tendenza cosiddetta ‘athleisure’ (mix dei due termini inglesi 'athletic' e 'leisure', ovvero ‘sport’ e ‘tempo libero’), che consiste nel combinare articoli tipici dell’abbigliamento sportivo con i capi usati nella vita quotidiana. Non solo: alla base di un incremento così rilevante ci sarebbero una maggiore attenzione al benessere e un interesse generale in aumento per lo sport a tutti i livelli.
Le difficoltà di Nike e il successo di Adidas
L’effervescenza del mercato non sembra aver toccato, però, il colosso statunitense Nike che, nei giorni scorsi, ha nominato un nuovo amministratore delegato per cercare di risollevare le proprie sorti. Tutto questo mentre il suo diretto competitor, Adidas, gode di un ritrovato slancio. Secondo gli analisti, il successo di Adidas deriva sia dal ripescaggio di alcuni modelli iconici del marchio – come quelli ispirati alla sottocultura Terrace (Samba, Gazelle), nata negli anni Ottanta tra gli spalti degli stadi inglesi - sia dalla capacità di cavalcare il trend ‘athleisure’, slegato dall’idea di sport come competizione e agonismo. Nike paga la mancata innovazione di prodotto e della propria comunicazione, rimasta ancorata allo slogan ‘Just do it’, inteso da una parte di consumatori come un inno, ormai obsoleto, all’autodeterminazione estrema, alla vittoria a ogni costo. Pur mantenendo il primato nello sportswear, con un 2023 chiuso a 51,4 miliardi di dollari, Nike archivierà il 2024 come l’esercizio peggiore degli ultimi 25 anni; i risultati del quarto trimestre, attestati a 12,6 miliardi di dollari, risultano anch’essi in calo del 2%. A trascinare in basso i conti di Nike ha contribuito anche il flop della controllata Converse, che ha registrato un sorprendente -18% nel proprio fatturato. L’unico segno positivo, per Nike, sono gli utili, saliti a +45% grazie a un piano di risparmio ‘lacrime e sangue’, che ha visto la chiusura di 150 store in tutto il mondo e il licenziamento di quasi 1.600 dipendenti.
L’ascesa dei nuovi brand
La supremazia dei giganti dello sportswear – Nike, Adidas, Puma - potrebbe essere scalfita, in futuro, da brand emergenti come Hoka, Lululemon e On: questi ultimi, infatti, stanno progressivamente acquisendo nuove quote di mercato globale, passando dal 20% del periodo 2013-2020 al 35% del 2023. Se, negli ultimi anni, infatti, i brand storici si sono concentrati principalmente sulla propria offerta lifestyle, i nuovi brand hanno puntato decisamente sull’innovazione e si sono affermati in categorie più tecniche, com’è avvenuto per il brand Lululemon nello yoga e per On e Hoka nella corsa. Come illustra Statista, in risposta a queste nuove esigenze, il brand sportswear più promettente del 2024 – specie per le scarpe da running e sport all’aperto - sarà Asics, per il quale si prevede una crescita delle vendite pari a +14,9%. A seguire, Deckers outdoor corporation, società madre di Hoka, che crescerà del +8,2%, e Adidas, che si stima chiuderà l’anno a +7%, sia per le calzature che per l’abbigliamento.