Scioperi coordinati e picchetti simultanei in più microaziende a conduzione cinese per debellare il fenomeno dello sfruttamento dei lavoratori nella filiera del Made in Italy, dal tessile alla pelletteria fino alla logistica. Si chiama "8x5 strike day" ed è la nuova forma di protesta promossa dal sindacato Sudd Cobas (Sindacato unione democrazia dignità), da tempo in prima linea nella lotta per il ripristino della legalità in certi segmenti produttivi del distretto. Ad incrociare le braccia sono una ventina di operai, tutti pachistani ed impiegati in piccole e piccolissime imprese di Prato, dove il processo produttivo è più frammentato e "dove – denuncia il coordinatore del Sudd Cobas, Luca Toscano – il supersfruttamento, spesso, si fa ancora più violento".
Sono cinque le microimprese in cui i lavoratori hanno segnalato situazioni di irregolarità e di mancanza di rispetto di contratti e diritti. Lo stato di agitazione è partito domenica, "perché in queste aziende con al massimo una dozzina di operai si lavora a pieno regime anche di sabato e domenica, spesso si lavora in nero o con un finto contratto part time. Oppure 84 ore alla settimana, il che significa 12 ore per 7 giorni". Di fronte a ciascuna fabbrica - una di borse e cintura, una di taglio di zipper su misura, una stireria, una ditta di logistica e una tessitura - da domenica ci sono picchetti di operai e sindacalisti, con tende e gazebo. Dopo essersi interessato ad aziende dai 20 ai 100 operai, il sindacato allarga il campo occupandosi di piccole imprese, accomunate dalla gestione cinese e dal numero ridotto di addetti tutti pachistani. Ieri mattina, dopo una notte trascorsa sotto tre tende ed un gazebo montati all’ingresso della ditta di logistica, si incontrano i lavoratori pachistani ed i sindacalisti.
"Sempre uniti" e "8x5 strike day. Basta lavoro 12 ore", si legge su alcuni striscioni attaccati alla recinzione dello stabilimento. La protesta è pacifica e chi vuole può fermarsi per capire il motivo della manifestazione a due passi da una delle aree direzionali cittadine. Qui i lavoratori in sciopero sono quattro "due dei quali senza alcun contratto e altri due con contratti part time attivati dopo i controlli dell’Ispettorato del lavoro, ma di fatto fasulli perché le ore lavorate sono sempre di più", specifica Toscano. L’obiettivo è ottenere un contratto di lavoro regolare con turni di 8 ore per 5 giorni alla settimana. "Per raggiungerlo va scardinato il sistema delle 12 ore per 7 giorni, senza diritto alla malattia pagata né tanto meno alle ferie. I lavoratori non hanno il giorno di riposo e non hanno diritto ad un permesso retribuito", dicono dal sindacato. In genere, ci tiene a precisare il sindacalista, "può succedere che tali contratti part-time siano scaturiti a seguito dei controlli dell’Ispettorato del lavoro".
Mentre si parla con i lavoratori in sciopero, arriva una prima buona notizia: in 24 ore la proprietà della stireria ha accettato l’accordo di regolarizzare e trasformare tutti i contratti ad 8 ore. Un risultato che si aggiunge all’altro ottenuto per una tessitura dove "da ieri gli operai hanno iniziato a lavorare come da contratto". Una faccia del distretto che offre una chiave di lettura diversa relativamente alla crisi occupazione nel distretto. "C’è chi annuncia licenziamenti e chi vuole scongiurarli con nuove misure di sostegno alle imprese. Ma ricordiamo che qui ci sono migliaia di persone che lavorano 84 ore, dodici ore al giorno, sabati e domeniche: se gli operai lavorassero 40 ore, occuperebbero un posto di lavoro e non due come adesso. Se l’8x5 venisse usato dai committenti ai sub-fornitori, non parleremmo di crisi occupazionale ma di migliaia di nuovi posti di lavoro".
Sara Bessi