Venerdì 10 Gennaio 2025
Claudia Marin
Economia

Il post sciopero, Bentivogli: “Evocare la rivolta? Non facciamo autogol”

L’ex leader dei metalmeccanici della Cisl: le parole sono importanti per tutti. “La Cgil sa che si rivolge anche a persone che hanno votato a destra”

Roma, 1° dicembre 2024 – Il sindacato si è diviso ancora una volta di fronte alla manovra. “Le impostazioni su come stare in campo da parte del sindacato non possono mai appiattirsi con le forze di governo, ma neanche con quelle dell’opposizione politica – avvisa Marco Bentivogli, una lunga carriera da leader dei metalmeccanici della Cisl, prima di fondare il movimento Base Italia –. Anche in un ruolo di contrasto, trasformarsi in opposizione politica è sbagliato e non funziona”.

15835D3A-D261-47FF-A3CE-890884E80B79
Marco Bentivogli, 54 anni. L’ex leader dei metalmeccanici della Cisl ha fondato il movimento Base Italia

Il sindacato, insomma, faccia il sindacato?

“A me questo Governo non piace, ma non si può trascurare la legittimazione popolare che ha raccolto nel 2022 dopo anni di governi tecnici o di coalizioni improprie. Soprattutto se vogliamo convincere diversamente i lavoratori. E questo è un motivo in più per rilanciare la propria autonomia, con credibilità. Come ci insegnavano i vecchi sindacalisti: dire sempre sì o dire sempre no produce lo stesso effetto, lascia agire indisturbati padroni e governi”.

Approfondisci:

Sciopero 29 novembre, Landini: “Rivoltare il Paese come un guanto”. A Torino bruciate sagome e foto di premier e ministri

Sciopero 29 novembre, Landini: “Rivoltare il Paese come un guanto”. A Torino bruciate sagome e foto di premier e ministri

Come valuta, allora, il recente sciopero generale?

“Chi sta veramente accanto alle persone, in un momento come questo, non può permettersi di dire che va tutto bene e per questo le motivazioni per aprire un confronto vero ma anche per protestare e mobilitarsi ci sono tutte. Il tasso di occupazione è al suo record storico, ma siamo dieci punti sotto la media europea. Denatalità, invecchiamento della popolazione, basso tasso di partecipazione al lavoro di donne e giovani, mentre pensiamo di gestire le migrazioni buttando soldi nella pagliacciata dei centri per migranti in Albania. La produzione industriale ha perso 3,3 punti. Per questo, massimo rispetto per chi si è mobilitato e ha organizzato la mobilitazione. Con due distinguo”.

Quali?

“Primo, le parole sono importanti. Rischiamo di andare verso un ulteriore periodo difficile per il Paese e il coinvolgimento delle persone è la risorsa più preziosa. Al primo sciopero nazionale parlare di rivolta sociale è un autogol. Maurizio Landini sa bene che parla a persone che hanno votato anche le forze di governo e che non sono nate di destra. L’uso sproporzionato delle parole non è mai un segno di forza, fa colpo più tra i ricchi che tra chi è in difficoltà. In un Paese, peraltro, che è sempre meno conflittuale nelle sue forme tradizionali”.

Eppure, gli scioperi non mancano, il trasporto pubblico ha sempre un calendario intenso di agitazioni.

“Si sciopera troppo in Italia? L’Istat, per il settore privato e per le imprese sopra i 500 dipendenti, ci dice che si è passati da circa il 1,3% nel 2005 a circa lo 0,3% nel 2022 ovvero il più basso numero di ore di sciopero degli ultimi 20 anni e questo nonostante proprio in quell’anno si siano registrate la congiuntura sfavorevole, l’inflazione record e solo metà dei contratti rinnovati”.

Perché si ha l’impressione di un aumento della conflittualità?

“C’è un tema di percezione perché gli scioperi si concentrano nei servizi pubblici. C’è sempre un rischio di francesizzazione del conflitto, ovvero una correlazione inversa tra tassi di sindacalizzazione, efficacia degli scioperi e invece una capacità di visibilità mediatica, proprio perché i destinatari (in termini di disagio) sono i cittadini e lo Stato”.

Cosa consiglierebbe di fare?

“Un dirigente sindacale quando proclama uno sciopero non fa sfogar le persone, cerca di portare la rabbia sul terreno positivo del conflitto in cui quell’energia deve costruire soluzioni concrete e costringere la controparte a cambiare rotta. Valuta sempre tutte le alternative, costruisce una strategia di gradualità perché sa che bisogna costruire consenso attorno alle proprie iniziative e non finire subito la benzina. I sondaggi dimostrano che fino ad oggi Giorgia Meloni può promettere di abolire le accise e poi aumentarle, fare lo stesso con i condoni, con le richieste di fiducia, con i bonus. I populisti fanno pagare sempre ai poveri le loro idee strampalate, le loro promesse irrealizzabili. Vantaggio, costoso per il Paese, che non durerà in eterno, ancora meno se sarà in campo un’alternativa credibile”.