La rivalutazione delle minime sarà davvero mini. Per gli assegni pari o inferiori all’importo minimo scatterà un incremento, per effetto della perequazione, del 2,2% nel 2025 (è del 2,7% nel 2024) portando l’importo dell’assegno a circa 617 dagli attuali 614,77 euro, e dell’1,3% nel 2026. Si tratta di fatto di un aumento pari a 10 centesimi al giorno per il prossimo anno e di altri 4 centesimi al giorno nel 2026. Confermata la proroga di una anno di Quota 103 in versione contributiva, di Ape sociale e di Opzione Donna (ma con giro di vite). È detassato il cosiddetto bonus Maroni per chi resta al lavoro anche se in possesso dei requisiti per Quota 103, che si traduce nella disponibilità direttamente in busta paga della quota di contributi a carico del lavoratore (9,19%).
Il bonus Maroni diventa anche utilizzabile pure per l’uscita anticipata con 42 anni e 10 mesi di contributi (41 e 10 mesi per le donne). Prevista la possibilità anche per i dipendenti pubblici di restare al lavoro, d’intesa con l’amministrazione di appartenenza, oltre l’attuale limite di pensionamento anche fino a 70 anni. Scatta una stretta sull’indicizzazione solo sui trattamenti dei pensionati all’estero.
È invece saltata (almeno per il momento) l’introduzione del meccanismo di silenzio-assenso per quanto riguarda i trattamenti di fine rapporto. Secondo le anticipazioni, la volontà era di rendere di fatto automatica la destinazione dei Tfr alla previdenza complementare. Ma questa misura non si trova negli articoli della Manovra.