Roma, 1 marzo 2024 – Sempre più viste a pagamento in ospedale. Certo, a monte di liste di attesa infinite ci sarà anche la carenza di medici e di macchinari ma c’è anche il fenomeno di Asl e ospedali pubblici che erogano più prestazioni a pagamento che in regime Ssn. Il risultato è che - come emerge dalla lettura dell’ultimo report dell’Agenas, l’Agenzia pubblica per i servizi sanitari regionali, sull’Alpi, vale a dire sulle attività libero professionali intramuraria - almeno una visita su dieci in ospedale gli italiani se la pagano di tasca propria, ma diventano oltre tre su dieci se si considerano solo quelle ginecologiche e quasi due su dieci per quelle cardiologogiche. In fatto di ecografia ginecologica, il 36% è carico delle pazienti, a volte per scelta degli assistiti, più spesso per aggirare le liste di attesa, alimentando sempre più l’attività privata anche dentro le strutture del servizio sanitario nazionale.
Secondo i dati di Agenas, aumenta l’attività libero professionale dentro Asl e ospedali, con un numero di prestazioni che se nel 2019 si attestava a quota 4.765.000 (mentre quelle in istituzionale erano 58.992.277), nel 2022 quelle erogate in Alpi erano salite a 4.932.720 mentre quelle erogate in istituzionale a 59.793.294. I ricoveri nei reparti solventi dei nostri ospedali pubblici erano 16.720 nel 2020, quando con la pandemia tutta l’attività sanitaria è andata avanti a rilento, sono poi saliti a 21.483 nel 2021 per attestarsi a 24.075 nel 2022, con un incremento in tre anni del 46,4%.
Il monitoraggio dell’Agenas conta poi le visite specialistiche e gli accertamenti vari in rapporto alla popolazione. Ogni mille abitanti le prestazioni in libera professione erano 81 nel 2019, sono scese a 54 nel 2020, per risalire poi a 72 l’anno successivo e ancora a 84 nel 2022, per un aumento nell’ultimo anno del 13,8%.
In particolare, tra le prestazioni acquistate dai cittadini “vincono” le visite specialistiche con oltre 3,7 milioni di prestazioni (78%); a livello assoluto la visita cardiologica (588.343) è quella più erogata in intramoenia, seguita da quella ginecologica (476.643) e ortopedica (466.466), dall'elettrocardiogramma (357.526) e dalla visita oculistica (354.319). Per quanto riguarda gli esami, i valori per incidenza sono compresi tra l’1% (TaC, mammografia monolaterale, eccetera) e il 36% dell’ecografia ginecologica. Più ridotto invece il ricorso all’intramoenia per i ricoveri: qui i cittadini scelgono di pagare la libera professione in particolare per i ricoveri legati al parto.
Di fatto, il 78% delle richieste a pagamento riguardano le visite specialistiche e il 22% la diagnostica. Ovviamente, pagando i tempi di attesa per ottenere una visita o una risonanza si abbattono. Se in regime Ssn si attendono mesi (se non anni), pagando circa il 56% delle prenotazioni ha un tempo di attesa inferiore ai 10 giorni, un 30% viene fissato tra gli 11 e i 30 nel caso di una visita specialistica, 60 giorni per una prestazione strumentale, mentre solo per il 14% delle prenotazioni si deve attendere tra i 30 e i 60 giorni.
Ma la cosa che più colpisce è quando le Asl e gli ospedali fanno più privato che attività pubblica. Ad esempio, all’Ospedale “Santa Maria” di Terni, in Umbria, in forma privata (pagando) si fanno due volte e mezzo le visite ginecologiche effettuate nel pubblico, mentre il tetto del 100% viene superato dalla Asl di Avezzano in Abruzzo. Le visite urologiche agli Ospedali Riuniti di Ancona si fanno oltre due volte di più “privatamente” che in regime mutualistico, mentre al “Santa Maria” di Terni la percentuale del privato è 120% di quella pubblica.
L’Holter, all’ospedale campano Rummo di Benvento, privatamente si fa il 140% del pubblico, così come la spirometria pagata di tasca propria dagli assistiti al Meyer di Firenze è del 40% superiore a quella effettuata pagando il ticket ma mettendosi in lista di attesa. E l’elettromiografia in modalità “privata” è del 20% superiore a quella in regime Ssn nell’azienda sanitaria di Trento e di quasi il 60% all’ospedale di Verona. Di fatto, come mette in luce il report di Agenas in ben 29 aziende sanitarie si fa più attività intramoenia che quella istituzionale (cioè le prestazioni garantite ai cittadini gratis).
Una situazione che produce una forte iniquità sociale tra chi ha la possibilità di aggirare l’ostacolo liste d’attesa e chi questa possibilità non ce l’ha. La conseguenza, infatti, è duplice: da una parte l’11% degli italiani rinunciano a visite e accertamenti per difficoltà economiche e di accesso ai servizi; dall’altra la spesa pro capite per le prestazioni in “intramoenia” nelle più ricche regioni del centro-nord e quasi tripla di quella delle regioni meridionali. Dove le liste di attesa ci sono eccome ma manda il denaro per aggirarle pagando direttamente la visita o l’esame.