Nel 2022, per la prima volta in Italia, la quota di pagamenti non in contanti nei punti vendita (51%) ha superato quella dei pagamenti in contanti (49%). Complice certamente la pandemia di Covid-19, che ha giocato un ruolo cruciale nell'accelerare questa tendenza. Le misure di distanziamento sociale e la paura del contagio hanno spinto molti a evitare l'uso del contante, considerato potenzialmente veicolo di trasmissione del virus. Ma questo fatto ci racconta un fenomeno: i contanti stanno diventando demodé.
Sotto la media euro
L’Italia resta però un passo indietro rispetto agli altri Paesi dell'area euro. Nel 2021, il numero operazioni pro capite effettuate con carte in Italia è pari a 114, a fronte di una media Ue pari a 183 (236,4 in Francia, 162,5 in Spagna, 99,6 in Germania). Alla rapida diffusione degli strumenti elettronici, si è affiancato un calo nell’utilizzo del contante: in proporzione al totale dei consumi, tra il 2016 e il 2020, le spese effettuate in contanti si sono ridotte di 15 punti percentuali, dal 66 al 51 per cento di quelle complessive.
Tre tipi di carte
A questo proposito, conoscere meglio gli strumenti che utilizziamo nella nostra quotidianità, come le carte di pagamento, ci aiuta ad essere più consapevoli delle nostre scelte finanziarie. Per questo è bene sapere che le carte di pagamento che vediamo in circolazione non sono tutte uguali, ma che ne esistono di tre diversi tipi: di debito, credito e prepagate.
La carta di debito
Più comunemente nota come Bancomat, che in realtà è il nome del circuito di pagamento su cui la carta opera. Questa carta è rilasciata dalla banca presso cui si apre il conto. Quando si utilizza una carta di debito, la spesa viene addebitata immediatamente sul conto: deve esserci, quindi, la disponibilità di denaro (costituita dal denaro depositato, oppure da un affidamento concesso dalla banca) pari almeno alla spesa che si intende effettuare.
La carta di credito
Consente di fare acquisti rimandando l’addebito della spesa in un momento successivo a quello in cui si effettua il pagamento (solitamente, dopo un mese). Nel periodo tra la spesa e l’addebito, l’emittente della carta ci sta finanziando: ci concede, cioè, un credito. Da qui, il nome carta di credito. Per questo, è possibile fare acquisti anche se al momento dell’utilizzo non abbiamo fondi sufficienti sul conto: basta che i soldi ci siano nel momento previsto per l’addebito. Dobbiamo, quindi, fare attenzione: una carta di credito ci dà un’opportunità di spesa in più, ma è necessario saper programmare bene entrate e uscite, in modo da avere la disponibilità sul conto nel momento in cui ci verrà addebitata la spesa. Esiste, poi, la carta di credito revolving, che non prevede la restituzione della somma in un’unica soluzione nel mese successivo all’acquisto, ma a rate in più mesi. In questo caso, bisogna prestare ancor più attenzione, perché questo servizio prevede anche il pagamento di interessi - generalmente non previsti nel caso precedente - che possono essere molto elevati.
La carta prepagata
A differenza delle precedenti, non è solitamente collegata ad un conto, e deve essere ricaricata di volta in volta per poter essere utilizzata: il limite di spesa dipende da quanti soldi sono disponibili sulla carta. Alcune banche rilasciano anche carte prepagate con Iban (cosiddette “ibanizzate”): in questo caso, potremmo utilizzarle per incassare lo stipendio o la pensione e per effettuare altri tipi di pagamento, come i bonifici o gli addebiti diretti.
Più tutele
In generale, i pagamenti con carta possono dare qualche garanzia in più rispetto al bonifico ordinario nel caso dell’acquisto di beni o servizi in negozio o sui siti di e-commerce, perché il pagamento è contestuale all’acquisto. In quanto titolari di una carta di pagamento, infatti, potremmo beneficiare di una tutela aggiuntiva oltre a quelle previste per legge, se previsto dal circuito: il chargeback (rimborso, in italiano). Grazie a questa tutela, possiamo chiedere il rimborso se, per esempio, non riceviamo i beni, o se questi sono difettosi.
I portafogli digitali
Un altro sistema di pagamento molto utilizzato, soprattutto tra i più giovani, sono i digital wallet, in italiano portafogli digitali. Ne esistono due tipi principali: gli staged wallet e il pass-through wallet. Il primo è un conto online accessibile tramite un'app sul cellulare o dal sito della banca. Consente di effettuare trasferimenti di denaro tra persone e può essere utilizzato anche per acquistare beni e servizi, accreditando i soldi al negoziante. Per utilizzare questo portafoglio, sia il pagatore che il beneficiario devono essere iscritti e avere un account presso lo stesso provider. Esempi di questo tipo di portafoglio sono PayPal e Satispay. Pass-through wallet, invece, è un portafoglio che permette di caricare le carte di pagamento sul telefono o sul computer e di utilizzarle per pagare online o nei negozi. Il pagamento si basa sempre su una carta di pagamento esistente; il portafoglio elettronico funge solo da raccoglitore delle carte. Esempi di questo tipo di portafoglio sono Apple Pay, Samsung Pay e Google Pay.
Cosa dobbiamo fare in caso di problemi?
Se ci accorgiamo che la carta ci è stata rubata o che l’abbiamo smarrita, dobbiamo attivarci subito per bloccarla, chiamando il numero verde della nostra banca. L'istituto di credito potrebbe anche chiederci di fare una denuncia alla polizia; si tratta, tuttavia, di un adempimento che non incide sul nostro diritto al rimborso, se abbiamo scoperto un’operazione da noi non autorizzata e ci siamo comportati in modo diligente nell’uso dello strumento di pagamento. Se, in seguito a furto o smarrimento, o nella consueta operazione di verifica periodica dell’estratto conto e della carta, ci accorgiamo di operazioni che non avevamo ordinato, è necessario comunicarlo alla banca (cosiddetto “disconoscimento”). La comunicazione deve essere effettuata prima possibile e, comunque, non oltre 13 mesi. Se siamo stati diligenti, la banca ci rimborserà le somme disconosciute e ci sarà trattenuta al massimo una franchigia di 50 euro; se, invece, abbiamo agito in modo fraudolento, con dolo o colpa grave, cioè con l’intenzione di voler truffare o con grave imprudenza, non riceveremo il rimborso.
Il ricorso all'Arbitro bancario finanziario
Se il cliente non è soddisfatto di come si è comportata la banca rispetto alla sua richiesta di rimborso, può presentare un reclamo e la banca deve rispondere entro 15 giorni. Qualora sia insoddisfatto anche della risposta dell’ufficio reclami della banca, può presentare un ricorso all'Arbitro Bancario Finanziario, un organo nato proprio per facilitare la risoluzione delle controversie tra i clienti e le banche fino ad un massimo di 200.000 euro con una procedura semplice, veloce e poco costosa (ha un costo di 20 euro, che vengono restituiti in caso di esito favorevole). Inoltre, il cliente può presentare un esposto alla Banca d'Italia.