Roma, 2 gennaio 2025 – Per Davide Tabarelli, 64 anni, presidente di Nomisma Energia, “dopo lo stop al passaggio del gas russo nei gasdotti ucraini”, il salasso è certo: l’italiano medio – titolare di bolletta luce e gas – “nel 2025 pagherà più che nel 2024, ma probabilmente meno che nel 2023. Oggi il prezzo del gas all’ingrosso sta a 50 euro per megawattora, il 30% in più della media 2024 pari a 35 euro”.
Il maggior costo per famiglia?
“Oggi possiamo stimarlo a 300 euro in più: 161,57 per l’elettricità e 131,33 per il gas. Ricordando che, come avviene in quasi tutta Europa, i prezzi viaggiano accoppiati perché in Italia il gas concorre in maniera decisiva alla produzione dell’energia elettrica”.
Dappertutto è così?
“No. Spagna e Portogallo, grazie alla maggior presenza di rinnovabili, hanno dinamiche di prezzo differenziate. Un vantaggio, sicuramente, soprattutto per la bolletta elettrica”.
L’Unione europea dipende ormai solo per l’8% del gas russo. Come si spiega l’impennata in corso?
“I contratti futures del gas rispondono a logiche finanziarie molto pronunciate. La chiusura del transito ucraino al gas russo, diventata ufficiale solo a fine 2024, certifica una strozzatura nell’approvvigionamento. Così, con l’estremizzazione tipica dei mercati – soprattutto di questo tipo di mercati più facilmente orientabili – i prezzi schizzano velocemente verso l’alto”.
Potrebbe non essere finita?
“Nessuno può escludere fasi di picchi temporanei, anche oltre queste soglie, tuttavia non credo rivedremo i record del 2022 a 330 euro/MWh, pari a un costo medio annuo di 120 euro, poi sceso a 80 euro nel 2023”.
I livelli delle scorte di gas quali scenari propongono?
“La media Ue è al 73% delle capienze, quella dell’Italia al 78%”.
Quanto basta per scavallare l’inverno senza nuovi danni?
“In assenza di ulteriori sconvolgimenti geopolitici, forse sì”.
Ma non lo dà per certo...
“A inizio 2024 le scorte Ue erano all’87%. Oggi non siamo messi altrettanto bene. E una coda invernale rigida potrebbe determinare problemi diffusi”.
Dove?
“Non solo nei Paesi come Austria e Slovacchia dipendenti al 60% dal gas russo, ma anche in altre aree, specie in presenza di particolari circostanze”.
Quali?
“Essenzialmente maggiori consumi (in caso di temperature sotto le medie stagionali) e contemporanee difficoltà distributive. Se le scorte si abbassassero eccessivamente, anche la pressione delle infrastrutture di pompaggio potrebbe infatti soffrire, fino a determinare possibili fermi industriali”.
Innescando a quel punto altri fisiologici rincari?
“Possiamo girarci intorno quanto vogliamo, ma finché la guerra tra Russia e Ucraina non si concluderà, le dinamiche di prezzo resteranno in tensione. Viviamo nel paradosso di un continente ricchissimo di gas – perché la Russia, ricordiamocelo, fa parte dell’Europa – e costi energetici troppo alti”.
La polizza italiana?
“Più rigassificatori, più autoproduzione, più rinnovabili, più diversificazione. Invece ogni nuova soluzione diventa fonte di lite territoriale e politica”.
Intanto, finanza e produttori festeggiano.
“Oggi gli Stati Uniti, che estraggono il gas a un decimo dei prezzi attuali, esprimono forte capacità competitiva e si candidano a espandere le proprie quote di mercato in tutta l’Ue”.