Mercoledì 24 Luglio 2024
ALBERTO PIERI
Economia

Salario minimo, la ricetta di Andrea Cafà (Cifa Italia): “Serve una contrattazione di qualità”

“La soluzione migliore dopo il fallimento dei contratti pirata e le criticità dei contratti leader”

Andrea Cafà, Presidente dell’associazione datoriale Cifa Italia

Andrea Cafà, Presidente dell’associazione datoriale Cifa Italia

Roma, 6 agosto 2023 – Lo strumento da privilegiare per la garanzia dei trattamenti salariali minimi è la contrattazione collettiva, e ancor più quella di “qualità”, capace di garantire, oltre al salario, anche altre forme di tutela che incentivino la produttività aziendale e l’occupabilità del lavoratore - spiega Andrea Cafà, presidente dell’associazione datoriale Cifa Italia - Quindi, sì all’istituzione del salario minimo, ma non per legge. Spetta alle parti sociali definirlo”.

Il “giusto” parametro di salario minimo potrebbe essere espresso dai cosiddetti contratti “leader”?

“Purtroppo no, perché com’è emerso da recenti comparazioni anche alcuni contratti cosiddetti “leader” prevedono paghe molto basse, simili a quelle dei contratti pirata, a fronte di livelli contrattuali che impiegano profili professionali a basso contenuto di competenza”.

Perché non è d’accordo, allora con l’istituzione del salario minimo per legge?

“La legge non arriva mai al momento giusto, mentre le parti sociali, essendo più dinamiche potrebbero intervenire tempestivamente per normare il salario minimo. Ritengo sia una delle attribuzioni primarie dei sindacati e delle associazioni datoriali”.

Il salario minino non è certo un argomento nuovo nel nostro Paese: se ne parla di tanto in tanto, ma perché non si riesce ad arrivare ad una soluzione?

“Il salario minimo è più un tema da campagna elettorale, come il reddito di cittadinanza. Siamo alle porte delle europee e se ne parla. Passato l'agone elettorale probabilmente, cadrà nuovamente l’interesse. I recenti governi guidati dalla sinistra, che oggi chiedono l’istituzione per legge del salario minimo, avrebbero avuto la possibilità di istituirlo. Non l’hanno fatto, perché alcuni sindacati, in passato, hanno posto il veto al salario minimo per legge; e oggi invece queste stesse forze politiche ne chiedono l’istituzione”.

C’è confusione sui ruoli di chi deve fare cosa?

“Sì. Ad esempio, sindacati e associazioni di imprese chiedono di essere convocati dal governo perché sentono il bisogno di dare la loro "benedizione" alle politiche di governo; attendono le azioni del governo sebbene nell’ambito delle proprie competenze potrebbero normare il salario minimo, peccato che non lo fanno. Si tende a dire la propria sulle scelte altrui, spesso con tono polemico, e non ci si assume la responsabilità su scelte che potrebbero essere assunte da soli”.

No ai contratti pirata, no ai contratti leader: che cosa bisogna fare?

“Dopo il fallimento dei contratti pirata, e le criticità dei contratti leader, bisogna andare verso una contrattazione di qualità. Il nostro Paese è in ripresa economica ed occupazionale ma serve migliorare le condizioni del mercato del lavoro. Serve un nuovo patto sociale tra governo, imprese e lavoratori, in cui il governo, così come ha iniziato a fare, continui ad abbassare il cuneo fiscale e per un biennio sterilizzi gli aumenti contrattuali da oneri previdenziale e fiscali”.

“I datori di lavoro e i lavoratori si impegnino entrambi ad aumentare la produttività, abbracciando anche nuovi modelli produttivi ed organizzativi, e investendo di più in formazione e welfare. Quest’ultima dimensione si raggiunge proprio attraverso una contrattazione aziendale che, in tal modo, diverrebbe la leva primaria per dare qualità alla contrattazione nazionale”.

E contro i contratti pirata cosa propone?

“Noi siamo contro i contratti pirata. Non sarebbe male una riforma che individui i contratti pirata e li bandisca dal mercato del lavoro. Il CNEL potrebbe essere molto utile nella definizione di questi parametri ed il Presidente Brunetta ha tutto il tempo per iniziare questo nuovo percorso”.

Più in particolare in cosa dovrebbe consistere un intervento del CNEL?

“Il CNEL potrebbe essere promotore di un accordo interconfederale aperto anche alle organizzazioni non presenti al CNEL, avente ad oggetto proprio la quantificazione del salario minimo con riferimento a ciascun settore produttivo. Un accordo utile a tracciare i parametri minimi inderogabili”.

Pensa che questo sia possibile?

“In questo momento storico e con questo Governo credo proprio di sì. I Governi precedenti hanno definito positivamente o negativamente un contratto collettivo non per i contenuti espressi dallo stesso ma per il nome del soggetto firmatario. Questa politica conservatrice ha rischiato di creare un monopolio e sappiamo bene che i monopoli non creano concorrenza e non spingono verso la qualità. Prova ne è l’esperienza dei contratti leader. Oggi bisogna spingere le organizzazioni sindacali e datoriali a essere valutate non per il nome che portano o l’anzianità posseduta, ma per la capacità di sviluppare a livello nazionale e a livello periferico una contrattazione di qualità, oltre che per la capacità di esprimere una forte bilateralità vicina ad imprese e lavoratori attraverso l'offerta di servizi realmente utili, e un'assistenza continua in grado di sostenere ed orientare il mondo imprenditoriale in un mercato del lavoro in continua evoluzione”.