Roma, 11 agosto 2023 – Da un lato c’è chi è convinto il salario minimo combatterebbe il lavoro “povero”, dall’altro lato c’è chi pensa invece incrementerebbe il lavoro in nero.
Insomma, il salario minimo a 9 euro l’ora è un argomento più che divisivo sul quale è difficile raggiungere un accordo. Oggi è una giornata decisiva: la proposta firmata dalle opposizioni viene infatti discussa insieme alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni. A dividere sono – come sempre - i pro e i contro, ma a convincere potrebbero essere anche i dati Inps, per cui il 18,4% dei lavoratori italiani guadagnerebbe uno stipendio più alto con il salario minimo. Ecco chi ci guadagna di più.
Sommario
La proposta sul salario minimo in Italia
Il salario minimo è la paga più bassa che per legge può essere corrisposta ai lavoratori. Sebbene l’articolo 36 della Costituzione reciti che “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”, in Italia non attualmente previsto alcun salario minimo per difendere tale diritto. Lo scorso 27 luglio il dibattito sul salario minimo è approdato alla Camera dei Deputati, riaccendendo botte e risposta tra maggioranza e opposizioni. La proposta di legge per un salario minimo fissato a 9 euro per tutte le professioni è stata depositata alla Camera da Pd, +Europa, Movimento 5 Stelle, Azione ed Europa Verde. Proposta che, seppur da diverse posizioni, è stata combattuta dalla maggioranza che invece vorrebbe mettere mano alla contrattazione collettiva e al cuneo fiscale.
Salario minimo a 9 euro: pro e contro
Fissare un salario minimo a 9 euro significherebbe contrastare lo sfruttamento e il lavoro cosiddetto “povero”, dare vigore ai diritti costituzionali del lavoratore e migliorare le condizioni di povertà in cui vivono molti lavoratori costretti a paghe irrisorie e orari impossibili per sopravvivere. Tra i vantaggi c’è anche all’appianamento delle diseguaglianze tra lavoro dipendente e lavoro autonomo, perché il limite dei 9 euro si applicherebbe anche a chi non ha un contratto di lavoro subordinato. Infine, applicare un salario minimo porterebbe l’Italia tra i Paesi Ue con le retribuzioni più alte.
Il rischio dell’introduzione di un salario minimo a 9 euro è quello del lavoro nero. I sostenitori del “no”, infatti, temono che la retribuzione minima potrebbe incentivare il lavoro irregolare per l’aumento del costo del lavoro. Infatti, la paga oraria sarebbe in realtà superiore ai 9 euro all’ora, perché, nel caso di lavoratori dipendenti, bisognerebbe andare a conteggiare anche Tfr e tredicesima. Allo stesso tempo, molti della maggioranza osservano che i contratti di lavoro nazionali già prevedono una paga oraria pari o superiore a 9 euro (sebbene solo alcuni settori, come vedremo); pertanto, sarebbe più opportuno tagliare il cuneo fiscale per abbassare il costo del lavoro e al contempo rafforzare le tutele dei contratti già in vigore. Non solo, ma a tal proposito sul tavolo dei “contro” c’è la paura di un indebolimento della contrattazione collettiva e dei sindacati. Infine, tra i rischi c’è quello che riguarda lo scarico dei costi del lavoro delle aziende sui consumatori che acquistano.
Chi ci rimette
Come si discute in questi giorni, a rimetterci potrebbero essere innanzitutto i sindacati, perché la soglia minima di retribuzione potrebbe togliere loro potere contrattuale. In Italia circa l’80 per cento dei lavoratori sono coinvolti in contratti nazionali, una media superiore ai Paesi europei e che pertanto evidenzia un fattore su cui riflettere - sebbene non sia una regola che salario minimo e contrattazione debbano escludersi a vicenda. Si pensi al salario minimo in paesi come Francia o Germania, dove sia contrattazione che sindacati sono entrambi forti.
Ma a rimetterci sono principalmente aziende e industrie che, senza opportuni strumenti, vedrebbero aumentare il costo del lavoro per i contratti da dipendente, che comprende oltre al compenso anche Tfr e tredicesime. Fatta questa premessa, le stesse aziende potrebbero rimetterci su un piano di potere.
Oggi le imprese hanno molto potere rispetto ai lavoratori, avendo la libertà di fissare un salario più basso rispetto a quello di mercato. Diversamente, il lavoratore con un salario minimo legale potrebbe ricercare anche acquisire potere decisionale nel cercare aziende migliori. C’è poi da considerare l’inflazione in atto. Regolamentare il salario minimo significa imporre alle imprese di aumentare i salari di fronte all’inflazione.
Infine, laddove il salario minimo passasse c’è il rischio che le stesse imprese, per compensare l’aumento del costo del lavoro, ‘scarichino’ sui consumatori che dunque si troverebbero a pagare prodotti e servizi a costo maggiore.
I settori più pagati in Italia
Dando un’occhiata ai collettivi nazionali (dati Adapt), i settori più pagati che superano i 9 euro lordi orari sono il settore chimico-farmaceutico, quello meccanico, quello alimentare e della grande distribuzione.
I lavori meno pagati senza il salario minimo
Secondo dati Inps, sono 4,6 milioni gli italiani che al momento guadagnano meno di 9 euro lordi all’ora, escluse Tfr e tredicesima (se conteggiate, 1,9 milioni di persone). Tra i lavoratori dipendenti e impiegati dalle cooperative meno pagati troviamo i settori turistico, domestico, pulizie, vigilanza, lavoratori agricoli e rider. Tra i contratti peggiori emerge quello della vigilanza con poco più di 5 euro l’ora. A seguire imprese di pulizie con 6,52 euro l’ora e impiegati nel tessile con 7,09 euro l’ora. Neanche la paga oraria del turismo si salva: 7,28 euro per ora.
Salario minimo: di quanto aumenterebbe lo stipendio
Se la proposta passasse, 1,9 milioni di italiani che lavorano a tempo pieno vedrebbero il proprio stipendio aumentare a 1.550 euro lordi al mese (al netto, circa 1300 euro).
E in Europa?
All’interno dell’Unione europea 22 sono i Paesi che hanno introdotto il salario minimo. Tra quelli più alti, stando ai dati Istat ed Eurofond elaborati da Openpolis, troviamo il Lussemburgo con 2.387,40 euro al mese, la Germania con 1.987 euro al mese e Belgio con 1.955,04 euro. Se guardiamo più ad est Europa, altri Paesi regolamentato il salario minimo. In Romania, in Ungheria e in Bulgaria la paga minima mensile è fissata rispettivamente a 606,12 euro, 578,74 euro e 398,81. A non aver ancora introdotto la misura, oltre l’Italia, anche Austria, Danimarca, Finlandia e Svezia. Se la proposta di un salario minimo fissato a 9 euro venisse approvata, l’Italia si confermerebbe tra i Paesi Ue con la retribuzione minima più alta.