L’opposizione e il sindacato, questa volta unito, le hanno già ribattezzate nuove gabbie salariali, per indicare la differenziazione degli stipendi su base territoriale in relazione al costo della vita abolita a suon di scioperi alla fine degli anni Sessanta. La maggioranza, invece, propone di non toccare le retribuzioni contrattuali a livello nazionale, ma di prevedere voci aggiuntive per i lavoratori (con particolare riferimento agli insegnanti) che operano e vivono in aree, principalmente metropolitane del Nord, dove i prezzi sono più elevati.
A rilanciare il dossier "salari differenziati" è stata la Lega. Ma la maggioranza l’ha seguita: le retribuzioni dei dipendenti pubblici e privati dovranno essere adeguate al luogo in cui vivono. Questo non vuole dire toccare gli stipendi di base ma lavorare sulle voci, una sorta di modularità che si può tradurre mediaticamente in "gabbie salariali", anche se dai partiti di maggioranza si tiene ben a distanza questo concetto netto. E per concretizzare l’idea, la Lega, con l’avallo di Fi e Fdi, ha deciso di procedere su due fronti: con un ordine del giorno presentato durante la discussione che ha azzerato il salario minimo, che passa alla Camera col parere favorevole del governo, e con un disegno di legge assegnato in Commissione Lavoro del Senato il 28 novembre.
L’ordine del giorno del leghista Andrea Giaccone stabilisce che "ritenuto che il tema del costo della vita e delle retribuzioni adeguate è principalmente sentito nel settore del pubblico impiego, laddove lo stipendio unico nazionale può comportare disuguaglianze sociali su base territoriale, creando discriminazioni di reddito effettivo", si valuta "che sarebbe auspicabile per alcuni settori, come nel mondo della scuola, un’evoluzione della contrattazione che, da una retribuzione uguale per tutti, passi a garantire un pari potere d’acquisto per tutti, ipotizzando una base economica e giuridica uguale per tutti, cui aggiungere una quota variabile di reddito temporaneo correlato al luogo di attività".
Il disegno di legge firmato dal capogruppo del Carroccio Massimiliano Romeo prevede una differenziazione salariale "per sostenere il potere d’acquisto dei dipendenti pubblici e privati attraverso la previsione di trattamenti economici accessori collegati al costo della vita dei beni essenziali, così come definito dagli indici ISTAT, nelle aree territoriali presso cui si svolge l’attività lavorativa, con particolare riferimento alla distinzione tra aree metropolitane urbane, suburbane, interne e di confine". Certo è che le opposizioni sono mobilitate contro la doppia iniziativa della maggioranza.
Il Pd di Elly Schlein accusa la maggioranza di "voler dividere il Paese", mentre il M5S avverte Giorgia Meloni: "Se seguirà la Lega in questa follia ci troverà dentro e fuori il Parlamento a difesa della dignità dei docenti e dell’unità del sistema scolastico nazionale". In questo caso anche il fronte sindacale appare compatto. "La questione della retribuzione degli insegnanti ritengo sia un tema di carattere nazionale", spiega Ivana Barbacci, segretario generale della Cisl Scuola.