Martedì 13 Agosto 2024
RAFFAELE MARMO
Economia

Pensioni, il sottosegretario Durigon: "Usiamo i fondi per anticipare le uscite"

La ricetta della Lega: quota obbligatoria del Tfr alla previdenza complementare: "Solo così i giovani potranno evitare di avere assegni da fame a 70 anni"

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Il sottosegretario al Ministero del Lavoro e Politiche Sociali, Claudio Durigon

Roma, 13 agosto 2024 – Prevedere la pensione di garanzia per i giovani e utilizzare la previdenza complementare (destinando a essa una quota obbligatoria del Tfr) per far diventare più consistenti gli assegni previdenziali futuri e evitare che si debba attendere fino a 70 anni per lasciare il lavoro. Con l’introduzione o la conferma di strumenti di flessibilità per le uscite più ravvicinate (da Quota 41 all’Ape sociale, da Opzione donna al cosiddetto canale per i precoci), si basa sui due pilastri indicati la riforma che Salvini punta a portare a casa in autunno attraverso il confronto con le parti sociali. E, come anticipa il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon, regista dell’operazione, "dovrà essere finalmente strutturale e avere come obiettivi la sostenibilità sia delle future rendite, perché non vi siano trattamenti da fame, sia del sistema nel suo complesso".

Da dove nasce l’ipotesi di una parziale obbligatorietà per i versamenti alla previdenza complementare?

"Facciamo una premessa. Andiamo incontro a una prospettiva di pensioni fragili o addirittura povere e lontane nel tempo, soprattutto per i giovani, per le ragioni che conosciamo: discontinuità lavorativa, periodi di bassi salari, carriere discontinue. Il risultato, con il sistema di calcolo interamente contributivo (basato sull’ammontare dei contributi versati), rischia di essere negativo e penalizzate per le generazioni di lavoratori più giovani sia per l’ammontare limitato delle rendite sia per l’età di accesso alla pensione, perché per poter lasciare il lavoro a 64 anni e non dovere attendere almeno i 70 anni serve avere maturato un importo pari a oggi a circa 1.500 euro lordi mensili".

I versamenti semi-obbligatori ai fondi pensione dovrebbero servire a evitare questi esiti?

"Certo. Se si introduce un obbligo per tutti i lavoratori di destinare una quota del Tfr (che oggi finisce all’Inps o resta in azienda, in assenza di adesione a un fondo pensione) alla previdenza complementare di categoria o ai fondi pensione aperti, la futura pensione integrativa si potrà sommare a quella maturata nel sistema pubblico anche per poter raggiungere il requisito dei 1.500 euro mensili (3 volte l’assegno sociale) per uscire a 64 anni. Questo, oggi, anche per chi ha aderito volontariamente alla pensione integrativa, non è possibile. Con la parziale obbligatorietà, al contrario, si può prevederlo e così si ottiene, oltre alla flessibilità in uscita, anche l’altro effetto rilevante di avere pensioni più consistenti. Senza considerare le conseguenze di sistema".

A quali si riferisce?

"Da un lato alla sostenibilità del sistema previdenziale nel suo complesso, dall’altro ai benefici per il mercato dei capitali e degli investimenti produttivi che un ampliamento delle risorse della previdenza complementare può determinare".

Quale potrebbe essere la quota di Tfr da destinare obbligatoriamente ai fondi pensione ?

"Su questo ci vogliamo confrontare con sindacati e imprese e partire da una quota non elevata, come il 25 per cento. Questo perché siamo consapevoli che il Tfr per le piccole imprese costituisce anche una fonte di liquidità. Ma, a questo proposito, ipotizziamo anche agevolazioni perché una fetta del welfare o dei premi possa essere destinata alla previdenza complementare o all’Inps per coprire i buchi contributivi".

Rimane aperto, anche se in misura minore, il nodo della pensione di garanzia per i giovani che non dovessero riuscire a maturare un importo dignitoso.

"E noi, nell’ambito della riforma, vogliamo arrivare anche a questo obiettivo. Il tutto passando dal confronto con le parti sociali a partire da settembre".

Se questa è la prospettiva strutturale, che cosa possiamo attenderci per la flessibilità in uscita a più breve termine? Arriveremo a Quota 41 per il 2025?

"Sicuramente stiamo cercando di rafforzare il sistema pensionistico anche sulla flessibilità in uscita per dare risposta a quei lavoratori che hanno maturato tanti anni di attività. Si sa che la nostra battaglia è per Quota 41, ma vogliamo fare una riforma più complessiva".

Verranno prorogati Ape sociale e Opzione donna?

"Ritengo che vi siano pochi dubbi sulla proroga di questi strumenti".