Giovedì 19 Dicembre 2024
CLAUDIA MARIN
Economia

Riforma delle pensioni al palo. Non ci sono soldi: verso la proroga di Quota 103

L’aumento dell’inflazione ha "consumato" i margini di finanza pubblica che erano disponibili Fermo il confronto con i sindacati, delusa la Lega. Si prorogheranno alcune misure di flessibilità

Pensioni, la spesa in Italia

Chi si attendeva che il 2024 potesse diventare l’anno di avvio di "Quota 41" secca o, più in generale, l’anno della nuova riforma previdenziale, con la flessibilità in uscita e la pensione di garanzia per i giovani in primo piano, è destinato, con tutta probabilità, a restare deluso.

Pochi soldi

I ristretti margini della finanza pubblica, come delineati del Def, lasciano pochi spazi all’annunciato riassetto pensionistico. Tant’è che più di qualcuno, al Ministero dell’Economia, si sbilancia a favore della proroga per altri dodici mesi, dal prossimo gennaio, dell’attuale Quota 103 (composta da 41 anni di contributi e 62 di età). A maggior ragione se, come è scontato, anche l’inflazione di quest’anno comporterà un esborso significativo per la rivalutazione dei trattamenti nel 2024.

La ministra e i sindacati

In realtà, la ministra del Lavoro Marina Calderone non vuole rinunciare fin da ora a tenere aperto il tavolo con le parti sociali per la riforma della previdenza. Ma, a parte che il confronto con i sindacati, dopo un paio di incontri, non ha avuto seguito, il dato con cui la responsabile del Welfare deve fare i conti è la scarsità di risorse a disposizione per trovare una minima intesa con i vertici di Cgil, Cisl e Uil. Il problema è che anche una soluzione di compromesso richiederebbe il via libera a misure costose e oggi improponibili per lo stato dei conti pubblici.

Quota 41

Lasciando anche sullo sfondo la richiesta sindacale di un’uscita a 62 anni, senza condizioni, non sembra esservi spazio neanche per Quota 41, e, dunque, per la possibilità di andare in pensione con 41 anni di contributi a prescindere dall’età. Nelle molteplici stime, una misura di questa portata costerebbe tra i 2 e i 4 miliardi di euro. Un intervento al momento impossibile, dunque. Con buona pace anche della Lega di Matteo Salvini, al quale toccherà, nel caso, con il Ministro Giancarlo Giorgetti spiegare che non si può fare.

In pensione a 64 anni

Al palo, però, resterebbero anche interventi più strutturali di flessibilità in uscita, come l’ipotesi di poter lasciare il lavoro a 64 anni, con una sorta di penalizzazione sugli importi (1-2 per cento) degli assegni per ogni anno mancante rispetto ai 67. E lo stesso vale per l’attribuzione alle lavoratrici di anni di sconto sui pensionamenti in relazione al numero dei figli.

Garanzia giovani

Di minore impatto immediato, ma più complesso da realizzare senza una riforma organica, è la cosiddetta pensione di garanzia per i giovani. L’esigenza nasce dalla volontà di evitare che le attuali generazioni di giovani lavoratori, con carriere discontinue e salari bassi, si ritrovino a maturare, con il sistema contributivo, rendite da fame anche a 70 anni. Da qui la spinta a prevedere meccanismi di garanzia che assicurino un trattamento minimo a una certa età, a prescindere dai contributi versati: una somma pari a mille euro mensili. Ma anche questa misura, senza un riassetto complessivo, dovrebbe essere rinviata.

Resta Quota 103

Stando così le cose, lo scenario più probabile è quello in base al quale ci si limiterà a prorogare il meccanismo di flessibilità di Quota 103, insieme con le altre formule come l’Ape sociale e il canale dei precoci. Mentre un discorso a se stante riguarda Opzione donna: dopo la stretta per quest’anno, si è ipotizzato un parziale allentamento in corso d’opera. Finora, però, non c’è stato. Ma, in ogni caso, è da escludere che si possa tornare alla formula degli anni passati. Tanto più se bisognerà mettere mano, anche per il 2024, all’adeguamento delle pensioni all’inflazione in misura rilevante.