Mercoledì 5 Febbraio 2025
ALESSIA GOZZI
Economia

Riccardo Donadon: "Tecnologia e creatività, il lavoro si inventa"

Il fondatore di H-Farm: il mondo della formazione è inadeguato

Riccardo Donadon

Roma, 6 aprile 2019 - C'era una volta la ‘no sleeping company’, l’azienda che non dorme mai. Ciò che contava non era l’orario di lavoro ma portare a casa il risultato; c’era il cuoco, la pista da bowling e perfino i letti per chi era operativo h24. Era la trevigiana E-Tree di Riccardo Donadon (nella foto), correva l’anno 1998, gli albori della Rete, costruivano i primi portali web delle grandi società italiane. Lui, che veniva da una formazione umanistica, è diventato il guru delle start-up – visitato da tutti i politici (Renzi-Salvini-Di Maio) desiderosi di mostrarsi sensibili all’innovazione – grazie a H-Farm, piattaforma digitale che aiuta i giovani a lanciare iniziative innovative e supporta la digital transformation delle aziende.  Vent’anni dopo, Google e le big tech sono realtà consolidate, il mondo del lavoro è cambiato radicalmente. Far dormire i dipendenti al lavoro non serve più...

"Il tema non era l’orario ma portare a casa il risultato, ho sempre pensato al lavoro come una cosa appassionante da fare nei tempi e nei modi che mi servono. Oggi ci sono lo smart working e il wi-fi".

Lei sostiene che i ragazzi d’oggi sono fortunatissimi, eppure la disoccupazione supera il 30%, ai massimi livelli in Europa...

"Sono fortunatissimi perché il mondo cambia velocemente e loro, rispetto alla mia generazione, hanno già gli strumenti per comprenderlo. Essendo nativi digitali, hanno una marcia in più, devono imparare a sfruttarla".

Allora significa che non hanno ancora imparato? O il problema è il lavoro che manca?

"Nel nostro settore, quello digitale e dell’innovazione, c’è moltissimo da fare, mancano tantissime figure professionali che le aziende non riescono a trovare. Questo, evidentemente, significa che il mondo della formazione non forma nel modo giusto, non dà le skill (abilità, ndr) che il mercato chiede".

E quali sono le skill che servono oggi per sfondare nel mondo del lavoro?

"Serve capacità di comprendere e usare i nuovi strumenti tecnologici, a partire dalla programmazione. Poi c’è tutto il mondo dei contenuti digitali, dall’advertising all’analisi dei dati: migliaia di posti di lavoro che oggi non vengono coperti. Più in generale, ci sono le cosiddette soft skill, che diventano sempre più importanti: saper incrociare la parte tecnologica e quella culturale, essere flessibili, imparare ad adattarsi ai cambiamenti. Per questo, noi da qualche anno facciamo formazione con quattro scuole internazionali, un corso di laurea e 880 studenti dai 3 ai 25 anni per formare i professionisti di domani".

La sua società aiuta le start-up a spiccare il volo: in un mondo che cambia il lavoro forse bisogna anche un po’ inventarselo?

"Assolutamente sì. Oggi il posto fisso non esiste più, l’auto-imprenditorialità è la capacità di creare qualcosa di nuovo mettendosi in gioco senza perdersi d’animo. Il mondo del lavoro sarà sempre più simile alle produzioni cinematografiche: non si cercherà più il posto in azienda, ci saranno talenti che si uniscono ad altri talenti su un progetto".

Intanto però molti giovani restano (spesso non per propria scelta) sul divano mentre mestieri come il fabbro o il panettiere non li vuole fare più nessuno...

"Siamo sicuri che sia proprio così? Da noi vengono ragazzi che vogliono reinterpretare in modo più moderno i lavori tradizionali, dall’artigiano al pasticciere, grazie alle nuove tecnologie. Bisogna ridisegnare il modello dei lavori che hanno caratterizzato l’economia del passato".

Che cosa direbbe a un bambino di oggi che sarà maggiorenne nel 2036?

"Conservazione della bellezza e tutto ciò che ruota attorno allo spazio: attorno a questi due pilastri girerà il mondo del lavoro".

Un consiglio da padre e uno da manager?

"Quello da padre: fate quello che vi piace e siate curiosi. Quello da manager: abbandonate gli schemi del passato e imparate a leggere il presente".