Giovedì 26 Settembre 2024
CLAUDIA MARIN
Economia

Rapporto Inps: poche risorse per il Reddito di libertà per le donne vittime di violenza

Al 31 maggio 2024 risultano pervenute dai Comuni agli appositi sportelli un totale di 6.489 domande

La violenza sulle donne al centro del dibattito

La violenza sulle donne al centro del dibattito

Roma, 26 settembre 2024 - Sottoccupate, disoccupate e, dunque, socialmente ed economicamente fragili: E, dunque, dipendenti finanziariamente dal partner violento. E’ questa una delle principali caratteristiche che emerge dall’analisi, contenuta nel Rapporto annuale dell’Inps, sulle donne vittime di violenza domestica che hanno chiesto il Reddito di libertà nell’ultimo anno.

Il Reddito di libertà: che cosa è

Il “Reddito di Libertà” (RdL) è destinato alle donne vittime di violenza in condizione di povertà, senza figli o con figli minori, seguite dai centri antiviolenza riconosciuti dalle Regioni e dai Servizi Sociali, volto a favorire, attraverso l’indipendenza economica, percorsi di autonomia e di emancipazione.

Risorse scarse per la misura

Ebbene, al 31 maggio 2024 – come si legge nel Rapporto - risultano pervenute dai Comuni, tramite l’apposito servizio online messo a disposizione dall’Istituto, complessivamente 6.489 domande di RdL. Di queste 2.772 risultano accolte e liquidate attraverso l’utilizzo delle risorse stanziate a livello nazionale, per un budget complessivo di 13.550.400 euro. Il budget residuo ammonta, però, solo a 299.604 euro: il che significa che con le risorse date si sono potute accogliere un terzo delle richieste. Le Regioni Emilia-Romagna e Friuli-Venezia Giulia, che hanno previsto un budget aggiuntivo per le istanze presentate sui propri territori, pari rispettivamente a 2.600.000 e 473.000 euro, hanno consentito l’accoglimento e la liquidazione di ulteriori 629 domande di Reddito di Libertà (nel dettaglio, 531 per l’Emilia-Romagna e 98 per il Friuli-Venezia Giulia).

Donne straniere e del Sud

Per comprendere le caratteristiche delle donne che hanno fatto richiesta del RdL all’Inps hanno costruito un dataset composto da 6.054 osservazioni relative a donne che hanno presentato domanda di RdL negli anni che vanno dal 2021 ai primi 2 mesi del 2024. Ebbene, quasi il 42% delle donne che ha richiesto il beneficio è nata all’estero, il 27,45% è nata in una regione del Sud Italia o insulare, il 21,42% è nata in una regione del Nord e il 9,4% è nata in una regione del Centro. Se si osserva, invece, la regione di residenza circa il 46% risiede al Sud e nelle Isole, il 30,4% al Nord e circa il 24% al Centro Italia. Esaminando l’età delle richiedenti, si osserva che una significativa maggioranza (61%) rientra nell’intervallo di età compreso tra i 35 e i 54 anni. Tale distribuzione suggerisce una notevole concentrazione di donne vittime di violenza all’interno delle fasce d’età lavorativa e di cura dei figli.

Donne economicamente fragili

Poiché le condizioni economiche e le caratteristiche occupazionali delle donne vittime di violenza possono fornire preziosi spunti su come l’instabilità finanziaria possa influenzare la probabilità di subire violenza, abbiamo incrociato i dati delle donne che hanno fatto richiesta di RdL con i dati sui rapporti di lavoro. Circa il 30% delle donne in esame risultava aver lavorato almeno una mensilità nel settore privato extra-agricolo e tale percentuale cresce a mano a mano che l’anno di riferimento si avvicina a periodi più recenti arrivando al 47% circa nel 2023. Una percentuale consistente di richiedenti RdL, però, non è rintracciabile negli archivi INPS e si trova, quindi, presumibilmente nello stato di disoccupazione o fuori dalle forze di lavoro. Se si esaminano le donne occupate nel settore privato extra-agricolo si nota che la maggior parte lavora con la qualifica di operaia, il 78,5% nel 2023. Si nota, inoltre, che in molti casi si tratta di posizioni lavorative a tempo parziale (nel 2023 il 66% delle occupate nel settore in questione ha un contratto part time) e a tempo determinato (il 52% nel 2023). In media nel 2023 le donne occupate in questo settore hanno lavorato 28 settimane e ottenuto una retribuzione media annua di circa 8.058 euro (contro una media per le donne occupate nel settore di circa 18 mila euro). È evidente, quindi, che si tratta – si legge nel Rapporto - di lavoratrici fragili, condizione che può contribuire a situazioni di stress finanziario e di vulnerabilità economica, che sono noti fattori di rischio per la violenza domestica. Le difficoltà economiche possono esacerbare, infatti, le tensioni all’interno delle relazioni e aumentare la dipendenza dai partner violenti.