Roma, 30 luglio 2023 – Siamo alla fine del Reddito di cittadinanza per i cosiddetti ‘occupabili’: non c’è il rischio che a settembre gli ex beneficiari restino senza sussidio economico e senza aiuto a trovare un lavoro?
"La riforma del Reddito di cittadinanza - avvisa Maurizio Del Conte, professore di Diritto del lavoro alla Bocconi - ha esplicitamente la finalità di ridurre il numero dei beneficiari, quindi più che un rischio ci sarà certamente una riduzione della platea dei redditisti. Il punto è come aiutare chi perderà il sussidio a recuperare l’autosufficienza economica attraverso il lavoro. Sotto questo profilo la riforma non sembra aver impresso quel salto di qualità al sistema delle politiche attive che sarebbe necessario per dare a tutti, soprattutto ai più lontani dal mercato del lavoro, una opportunità di trovare una occupazione".
Il nuovo strumento, il Supporto al lavoro, non la convince?
"Quando il governo aveva avviato la discussione su come riformare il reddito di cittadinanza sembrava che si fosse finalmente imboccata la strada giusta. Si era parlato di un sostegno economico robusto per chi si fosse impegnato in un percorso serio di formazione professionale in linea con i fabbisogni delle imprese. Ma, alla prova dei fatti, agli occupabili verranno assegnati 350 euro al mese e solo a condizione che seguano una misura di politica attiva. Mi sembra un brutto passo indietro, che finirà per scoraggiare l’effettiva attivazione di chi percepisce il sussidio".
Con la riforma come sono cambiate le vecchie e fallimentari politiche attive del lavoro?
"Non ci sono sostanziali novità negli strumenti di politiche attive messi a disposizione dei percettori del reddito. Purtroppo non si è fatto tesoro della esperienza fallimentare di questi anni di reddito di cittadinanza sotto il profilo dell’inserimento lavorativo. Si sarebbero dovuti introdurre strumenti non convenzionali di attivazione di coloro che percepiscono il sussidio che, come si è dimostrato, necessitano di interventi su misura, che tengano conto delle loro fragilità specifiche che spesso si compongono di povertà educativa (pochi di loro vanno oltre la scuola dell’obbligo), di problemi di salute e di difficoltà nell’inserimento sociale. Né si è tenuto in alcun conto di quelle poche esperienze virtuose che pure si sono realizzate. Al contrario, si sono estese a tutti le misure generaliste già previste dal programma Gol. Facile prevedere che funzioneranno poco e male".
I servizi per l’impiego, dunque, resteranno quelli che erano: strutture burocratiche poco efficienti?
"Tra gli stanziamenti statali e le risorse del Pnrr i servizi pubblici per l’impiego hanno ricevuto una iniezione di risorse economiche senza precedenti. Ma è stata una operazione prevalentemente quantitativa, non qualitativa. Intendo dire che, invece di usare quelle risorse per costruire una nuova architettura di sistema puntando su professionalità specializzate e sulle nuove tecnologie, si è intervenuto per gonfiare di risorse lo status quo, con tante nuove assunzioni ma all’interno del sistema così come era. Un approccio del genere avrebbe avuto senso se fossimo partiti da una storia di successo di politiche attive nazionali. L’effetto di mettere tante risorse in un sistema storicamente poco efficiente sarà quello di aumentarne l’inefficienza".
Ci sarà anche una nuova piattaforma digitale per l’incontro domanda offerta: potrà servire?
"Oggi su internet e sui social è facilissimo trovare sistemi di incrocio tra domanda e offerta di lavoro che usano avanzate tecnologie di intelligenza artificiale. Eppure, il Ministero del lavoro non riesce ancora ad avere una propria piattaforma. La ragione è semplice: non è l’architettura informatica a fare la differenza, ma la capacità di popolarla di dati che siano affidabili e aggiornati. La parte pubblica, su questo versante, ha tempi che non sono compatibili con la velocità del mercato del lavoro attuale".
Si riuscirà almeno a dare un ruolo nuovo in questo contesto al privato, attraverso le Agenzie per il lavoro?
"La legge prevede un ruolo anche per i privati. Ma non si può pretendere che i privati ci perdano dei soldi. Se il sistema, come è ora, non remunera adeguatamente quei servizi, il coinvolgimento dei privati resterà solo sulla carta. Io sono da sempre un sostenitore della collaborazione virtuosa tra pubblico e privato, ma bisogna mettere entrambe le parti nelle condizioni di offrire servizi di qualità. Altrimenti sarà l’ennesima occasione sprecata".