Venerdì 22 Novembre 2024
REDAZIONE ECONOMIA

Recovery plan, Draghi sblocca l'impasse. Franco in Cdm: disco verde dalla Commissione Ue

Accordo trovato dopo un confronto del premier con Von der Leyen. "Senza la vocazione ambientale, questo Piano non sarebbe mai stato accettato"

Mario Draghi (Ansa)

Mario Draghi (Ansa)

Roma, 24 aprile 2021 - Il Consiglio dei ministri per discutere la bozza del Recovery plan di Draghi, previsto per le 10 di stamattina e poi slittato ora per ora, è  finalmente iniziato stasera dopo le 22. Già a metà pomeriggio era chiaro che la riunione si sarebbe tenuta comunque in giornata, visti anche gli impegni in agenda domani per la ricorrenza del 25 aprile. A sbloccare la situazione, l'intervento di Draghi, che ha garantito a Bruxelles l'impegno dell'Italia per un "cambio di passo" sulle riforme. Il Cdm di stasera ha esaminato il piano prima che il premier lo illustri lunedì e martedì alle Camere.

Franco in Cdm: disco verde

"Green light dalla Commissione Europea" conferma, in apertura del Consiglio dei ministri, il titolare dell'Economia Daniele Franco, che sta illustrando il Pnrr. Il responsabile dell'Economia ha così confermato che la lunga e serrata interlocuzione con Bruxelles è andata a buon fine, anche se ci sono, ha detto ancora questioni molto marginali su cui la discussione con Bruxelles.

La 'pace' sul Superbonus

E nella notte si sigla anche una sorta di pace sul Superbonus, con l'impegno del ministro dell'Economia, Daniele Franco, a valutare la proroga al 2023 a settembre con la manovra, quando il quadro sull'utilizzo dell'incentivo sarà più chiaro e si capirà anche se serviranno davvero risorse in più.

Draghi: governo ambientalista

In consiglio dei ministri Draghi, secondo quanto si apprende, ha rimarcato l'occasione storica offerta del Recovery plan: "Il governo nasce come governo ambientalista. E' un bene che il Pnrr verta sulla transizione ecologica. Senza la vocazione ambientale e digitale di questo Governo, questo Piano non sarebbe mai stato accettato dalla Commissione Europea".

Il premier avrebbe sottolineato  l'importanza di andare in Aula per sottoporre il piano sul Recovery al giudizio di Camera e Senato, lasciando intendere che si tratta di un testo non blindato, ma aperto a migliorie.  Draghi, riferiscono alcuni ministri, avrebbe assicurato che il passaggio alle Camere del Pnnr sarà fatto nel rispetto delle prerogative parlamentari.

La telefonata Draghi-Von der Leyen

Nel pomeriggio sono girate insistenti le voci di una telefonata tra Draghi e la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. A quanto si apprende, intervenendo in prima persona il presidente del Consiglio avrebbe sbloccato l'impasse, legata a una serie di passaggi del Pnrr, compreso il capitolo delle riforme che l'Italia dovrà attuare per accompagnare il suo piano. Ora, riferiscono fonti vicine al premier, "l'accordo politico è stato trovato, sono in corso solo le ultime interlocuzioni tecniche ma l'accordo c'è".

Sul pacchetto delle riforme già nella vecchia versione del piano Bruxelles aveva chiesto di dettagliare, con un cronoprogramma preciso. Non solo giustizia e pubblica amministrazione, ma anche le riforme della concorrenza e del fisco dovrebbero essere definite nella versione finale del piano con maggiori dettagli rispetto alle prime bozze.

Il premier garante

Draghi insomma si fa garante di un cambio di passo indispensabile per non perdere il 'treno' delle risorse del Recovery e dare la spinta al rilancio e la crescita dell'Italia. Discontinuità - a partire dalla riscrittura del capitolo riforme nel Piano di ripresa e resilienza del precedente governo - viene garantita dal premier in diversi colloqui avuti nel corso di questa settimana con i vertici della Commissione europea. Parla con Von Der Leyen ma anche i commissari Valdis Dombrovskis e Paolo Gentiloni. Il presidente del Consiglio si impegna in prima persona sulla coerenza del Recovery plan italiano con le direttrici di Next generation Eu, a partire dall'indicazione di un preciso cronoprogramma che l'Italia intende rispettare. Ma è il cambio di passo sulle riforme il capitolo più delicato. Anche su un intervento classificato come di "accompagnamento" al piano come la riforma fiscale, viene chiesto da Bruxelles di entrare più nel dettaglio. 

Recovery, la posizione dei partiti

Mentre il premier tirava le fila con la Commissione, a Roma i partiti sono sempre più in fibrillazione: non è piaciuto nemmeno ai ministri il riserbo con cui si è lavorato sulle bozze, circolate solo ieri. E si diffondono i malumori, per quell'accenno a Quota 100 che non sarà rinnovata, per lo schema della governance ancora da definire sul fronte della 'regia politica'. Ma anche per la lista delle cose che mancano, compresa l'indicazione di Torino come sede di I3A, l'istituto per l'intelligenza artificiale, che fa infuriare la sindaca, Chiara Appendino (ma la sede quella sarà, la rassicura poi in serata il viceministro al Mise Pichetto Fratin). 

L'opposizione si inserisce e parla di "democrazia sospesa" con Giorgia Meloni che accusa il governo di mancanza di informazioni: "anche l'indecenza ha un limite. Mancano meno di 48 ore dalle sedute parlamentari e il Recovery Plan non è stato ancora nemmeno pubblicato".  Il Pd, torna a sottolineare il segretario Enrico Letta chiede che ci sia un vincolo chiaro, nei contratti di appalto per i progetti del Recovery, che garantisca più occupazione per donne e giovani. Forza Italia vede un piano "migliorato rispetto a quello di Conte" ma a cui servono "correttivi su politica industriale, rigenerazione urbana, fondi per il Sud" che non devono essere "meno del 40%", come chiarisce il coordinatore di Fi, Antonio Tajani. Il partito di Silvio Berlusconi si è affiancato al Movimento 5 Stelle anche nella battaglia più dura, quella sul Superbonus. 

Più moderato su questo dossier - al contrario di quello sulle aperture - il profilo che assume la Lega, che pure chiede di proseguire. Sulla proroga dell'incentivo al 110% per le ristrutturazioni green e antisismiche la bozza del Recovery è ambigua, si parla di una proroga della misura introdotta a maggio scorso con il decreto Rilancio "dal 2021 al 2023" ma le risorse - in tutto 18,5 miliardi tra Recovery e fondo extra - sono le stesse già previste dal vecchio piano di gennaio che però, di fatto, contemplava le estensioni già introdotte con la legge di Bilancio (scadenza a giugno 2022, per i condomini a fine del prossimo anno e allungamento fino a giugno 2023 solo per le case popolari). Lo reclamano i costruttori, le imprese, le banche, lo chiedono anche i Dem ("è una misura rivoluzionaria" dice anche Nicola Zingaretti).  E insorge il M5S, cui non bastano le rassicurazioni che le risorse per arrivare al 2023 - se ne serviranno altre - saranno indicate con la prossima manovra, in autunno, date dal ministro dell'Economia Daniele Franco alla collega Mariastella Gelmini, come filtra da Fi. I 5S chiedono garanzie "nero su bianco" e "un segnale inequivocabile" direttamente da parte di Draghi. Perché si tratta di "un punto essenziale", come lo definisce l'ex premier Giuseppe Conte che, per la prima volta, interviene su un tema di governo da leader del M5S