Giovedì 20 Marzo 2025
STELA MEHMETI
Economia

Cosa c’entrano Cina, India e Turchia con le quotazioni record dell’oro

Il metallo prezioso ha registrato una nuova ascesa negli ultimi due anni, con un incremento di oltre l’80% rispetto ai minimi del settembre 2022

Cosa c’entrano Cina, India e Turchia con le quotazioni record dell’oro

Cosa c’entrano Cina, India e Turchia con le quotazioni record dell’oro

Milano, 20 marzo 2025 – L'oro ha registrato una nuova ascesa negli ultimi due anni, con un incremento di oltre l’80% rispetto ai minimi del settembre 2022. A trainare il recente rally sull’oro, l’asset rifugio per eccellenza nei momenti di crisi, sono le banche centrali, in particolare quelle dei paesi emergenti, con il fine di aumentare le proprie riserve per proteggersi dalle incertezze economiche e politiche. A questo si aggiunge una crescente domanda anche da parte dei consumatori.

Il metallo giallo ha raggiunto il mercato retail e così negli Stati Uniti le barre d’oro sono comparse sugli scaffali della catena Costco. Oggi il pessimismo economico “sta guadagnando terreno. Sempre più investitori ritengono che l'economia globale sia in pericolo e cercano rifugi sicuri” spiega Matteo Campi, head of multiasset and alternative di Arca Fondi Sgr, delineando il quadro che ha portato l’oro a viaggiare ieri su nuovi massimi storici, superando i 3 mila dollari per oncia. Il contesto attuale è fragile e imprevedibile, non sorprende che gli investitori cerchino rifugio nell'oro. Una corsa all’oro che ha persino modificato le dinamiche di mercato: la tradizionale correlazione negativa tra tassi di interesse e prezzo dell’oro si è indebolita.

Cina, India, Turchia e Polonia i principali acquirenti di oro

Dal 2008, la quota di oro nelle riserve globali è passata dal 6% all’11% nel 2023: il livello più alto degli ultimi vent’anni. Nel 2024, le banche centrali hanno acquistato 1.045 tonnellate di oro, segnando il terzo anno consecutivo in cui la domanda ha superato le mille tonnellate. I maggiori acquirenti sono Cina, India, Turchia e Polonia, ottenendo aumenti significativi nelle loro riserve. Più nel dettaglio, lo scorso anno il maggiore acquirente del metallo giallo è stato la Polonia con l’acquisto di 90 tonnellate, portando le riserve auree al 17% del totale. Stando alle dichiarazioni del presidente della banca, Adam Glapinski, l’intenzione è portare l’allocazione d’oro al 20%. Campi ricorda che gli investitori istituzionali in precedenza hanno guardato ai metalli preziosi con scetticismo, perché non generano reddito e “viene acquistato da chi teme il crollo di altri asset e crede che il panico si diffonderà”, citando le parole dell’economista Warren Buffett.

Tra gli investitori americani con oltre 100 milioni di dollari in gestione, Campi rivela che solo un quarto possiede quote di fondi Etf legati all'oro e appena l'1,5% degli asset è investito in oro fisico. Questo spiega perché, nonostante l'aumento del prezzo, le partecipazioni negli Etf auriferi non siano cresciute proporzionalmente. Ma il trend è cambiato in seguito al l'invasione russa dell'Ucraina, che secondo Campi ha avuto “un impatto cruciale”. Il congelamento delle riserve estere di Mosca ha dimostrato ai governi come, in caso di sanzioni, i titoli di Stato americani e altre attività denominate in valute occidentali potrebbero diventare “inaccessibili”. Inoltre, le politiche monetarie espansive attuate durante la pandemia dai paesi sviluppati hanno diminuito la fiducia nelle valute “fiat”. Cos gli investitori hanno iniziato a proteggere la propria ricchezza da possibili scenari catastrofici, e l'oro, con la sua offerta relativamente limitata e il suo status storico di bene rifugio, “è visto come una protezione contro l'inflazione e le politiche economiche errate” sostiene Campi.

Sul prezzo pesano l'inflazione e le tensioni geopolitiche

Una prima causa dell’aumento del prezzo dell’oro è l’inflazione. Campi sottolinea, infatti, che le politiche protezionistiche adottate da Donald Trump potrebbero innescare una serie di guerre commerciali su scala globale, con conseguenze significative sull’economia mondiale. Parallelamente, anche le politiche migratorie estremamente restrittive “potrebbero avere un impatto negativo sul mercato del lavoro” avvisa il manager. Così come le politiche sanitarie basate su principi medici e scientifici “discutibili” potrebbero avere ripercussioni “drammatiche”. Dunque, guerre commerciali, crisi del mercato del lavoro e rischi sanitari convergono nel generare un forte impulso inflazionistico. Inoltre, oggi il bisogno di sicurezza è così elevato che gli investitori continuano ad accumulare oro nonostante il contesto di tassi elevati; quando i tassi salgono, tradizionalmente l’oro perde appeal perché non offre rendimenti. Questa rottura della relazione storica tra tassi e oro, secondo Campi, è un segnale chiaro di quanto sia elevata la percezione del rischio sistemico a livello globale. A spaventare gli investitori è anche l’incertezza politica, un elemento che storicamente alimenta la corsa ai beni rifugio. L’indice di incertezza politica ha raggiunto livelli record, segnalando una apprensione senza precedenti circa gli equilibri geopolitici globali. La solidità della Nato è messa in discussione secondo Campi “come mai prima d’ora”. Nel frattempo, la guerra in Medio Oriente non accenna a concludersi e rischia di espandersi all’Iran, con conseguenze potenzialmente devastanti sul mercato del petrolio e sulla stabilità dell’intera regione. Un conflitto più ampio potrebbe far schizzare il prezzo del greggio, innescando nuove pressioni inflazionistiche a livello globale e aumentando l’instabilità finanziaria. In Europa, invece, Campi avvisa che i partiti populisti hanno raggiunto percentuali mai viste dal dopoguerra in molti paesi, minacciando l’equilibrio politico e istituzionale dell’Unione Europea. L’ascesa di forze politiche euroscettiche e nazionaliste rende più incerta la tenuta dell’Unione europea, alimentando i timori di nuove crisi economiche e finanziarie.