Martedì 18 Febbraio 2025
Stela Mehmeti
Economia

Quanto pesano i dazi sulla bolletta energetica

Più che l’impatto diretto, a condizionare i mercati – e di conseguenza le bollette – potrebbe essere l’aumento dell’incertezza. Le due facce della medaglia del caso cinese

Roma, 16 febbraio 2025 – I costi delle tecnologie per l'energia pulita continueranno a diminuire nel 2025 a livello globale, nonostante l'aumento del protezionismo commerciale. Secondo i numeri rilevati da BloombergNEF, i costi delle tecnologie per l'energia pulita diminuiranno ulteriormente tra il 2% e l'11% nel 2025 e fino al 22% - 49% entro il 2035; si tratta di una riduzione dei costi trainata in particolare dall’abbondanza di capacità produttiva della Cina. Per quanto riguarda l’Europa, invece, le tariffe su pannelli solari, turbine eoliche e batterie per veicoli elettrici possono rallentare la transizione energetica, aumentando i costi per aziende e consumatori. Sui mercati aumenta il rischio di una guerra commerciale tra le due grandi potenze mondiali, Cina e Stati Uniti, ma i rischi più insidiosi provocati dai dazi non derivano direttamente dal settore energetico. L’aumento dell’incertezza condiziona negativamente gli investimenti e la necessità di rivedere le catene del valore per minimizzare l’impatto delle tariffe può determinare un rincaro in “prodotti semilavorati e finiti che hanno mercati più regionali e specifici” evidenzia Giorgio Bensa, direttore investimenti di Ersel Asset Management, spiegando lo scenario che potrebbe prospettarsi sul fronte energetico in Europa, già impegnata a contrastare le minacce dei dazi, i livelli più alti del prezzo del gas da febbraio dell’anno scorso e le scorte ai valori minimi dal 2023. La risposta della Cina ai dazi americani potrebbe peggiorare ulteriormente il quadro per l’Europa, ma anche tradursi in una tattica negoziale analoga a quella adottata da Trump, che si fa forza delle diverse dimensioni del “gigante asiatico” rispetto a Canada e Messico. Al centro delle dinamiche geopolitiche resta un nodo cruciale, il conflitto russo-ucraino: l’eventuale tregua in Ucraina potrebbe portare a riconsiderare l’embargo nei confronti del gas e del petrolio russi e la riapertura dei gasdotti che attraversano il Paese “con un effetto calmierante sulle quotazioni” sottolinea Bensa. Intanto, l’Europa valuta un accordo di scambio tra minori dazi per i prodotti Ue e maggiori acquisti di energia dagli Stati Uniti, un’ipotesi già delineata dalla presidente della Bce Lagarde.

Pannelli solari, foto generica
Pannelli solari, foto generica

Bensa (Ersel): “L’IA invertirà il trend del calo consumo energia in Ue”

Le temperature rigide, la minore intensità del vento - in particolare in Francia - che ha ridotto la produzione di energia rinnovabile e lo stop al gas russo via Ucraina dal primo gennaio 2025 hanno determinato un’impennata dei prezzi dell’energia. Secondo le stime di Icis - Independent Commodity Intelligence Services, nel febbraio 2025 il consumo di gas in Europa sarà superiore del 17% rispetto allo stesso mese del 2024. Intanto, il prezzo del gas naturale in Europa raggiunge i livelli più alti dal febbraio 2023: alla Borsa Ttf di Amsterdam il prezzo del metano è aumentato del 4,6%, toccando i 58,3 euro per megawattora. Mentre le scorte nei primi giorni di febbraio hanno registrato i valori minimi da un anno: secondo i dati della piattaforma Gie-Agsi, al 10 febbraio le scorte europee erano scese al 49,02%, pari a 562 terawattora. Bensa spiega che le dinamiche del costo dell’energia in Europa “devono essere inquadrate secondo due dimensioni”. Il primo punto prende in considerazione una prospettiva temporale di lungo termine: il consumo complessivo di energia nel Vecchio Continente è calato circa del 10% nell’ultimo decennio, ma potrebbe consolidarsi una crescente domanda per alimentare i data center a supporto dell’intelligenza artificiale che, osserva Bensa, “potrebbe invertire questo trend e rendere più critici eventuali futuri aumenti”. Nel breve termine, invece, il governo americano potrebbe agire su diverse leve fiscali e regolatorie per incentivare un’attività estrattiva, che potrebbe incorrere in una domanda tiepida alla luce della “stagnazione” in Europa e del “progressivo” rallentamento della crescita economica in Cina. I dazi nei confronti del petrolio in arrivo da Canada e Messico potrebbero essere “in larga parte inefficaci” afferma Bensa, perché i processi produttivi delle raffinerie statunitensi richiedono nella maggior parte dei casi le qualità di greggio importate dai due Paesi confinanti, e questi processi “non possono essere modificati rapidamente”. Quindi, per il direttore investimenti di Ersel Asset Management anche in caso di un effetto sostituzione è probabile che i flussi siano reindirizzati sui mercati globali, ma con impatti “tutto sommato modesti per i prezzi”.

Dagli Stati Uniti il 48% dell’import gnl in Europa nel 2024

Il prezzo dell’energia in Europa dipende in larga parte da quello del gas naturale, in particolare da quello liquefatto in seguito allo stop di forniture dalla Russia. Nel 2024 gli Stati Uniti si confermano alla guida della classifica globale in termini di volume di import di gnl verso l’Unione europea. I numeri emersi da un’analisi di Bruegel evidenziano che il 48% delle importazioni di Gnl verso l’Europa è arrivato dall’America lo scorso anno, nonostante la cifra sia in calo rispetto al 49,8% nel 2023. La Russia invece registra il 18,9% dell’importazione di gnl verso l’Europa. Il secondo punto di Bensa riguarda infatti il piano geopolitico: l’intenzione della nuova amministrazione trumpiana è ottenere una maggior produzione di combustibili fossili e prezzi più bassi, una condizione che potrebbe portare, sottolinea, “potenziali ricadute positive anche per l’Europa”. Il Vecchio Continente studia misure per ostacolare una nuova crisi energetica dove gli Stati Uniti detengono il primato in termini di import di gnl. Al vaglio tra i due Continenti l’ipotesi di un accordo per salvaguardare l’economia in cambio di maggiori importazioni di energia, digitale e difesa verso l’Unione europea. Allo stesso tempo, nell’auspicio che il conflitto russo-ucraino sia prossimo alla fine, tra i 27 paesi membri potrebbe farsi largo l’ipotesi del ripristino del gas russo via Ucraina.

Il “caso scuola” dei pannelli solari

Il fenomeno del dumping cinese potrebbe avere marcate ricadute sull’industria europea di pannelli solari, già in difficoltà a causa dei prezzi competitivi cinesi. La Commissione europea, infatti, starebbe studiando l’introduzione di misure emergenziali di supporto all’industria manifatturiera europea di pannelli solari, proteggendola così dalla concorrenza dei prezzi cinesi.

La Cina registra “una sovrapproduzione industriale su molti prodotti” spiega l'avvocato Marco Padovan, esperto di International Trade Compliance e a capo dell’omonimo studio legale. Il colosso orientale ha una tendenza “naturale” al dumping, ricorda. L'abbondanza di capacità produttiva della Cina nel settore delle tecnologie pulite è stata un fattore chiave nella riduzione dei costi lo scorso anno e ha un impatto significativo sull'economia dei progetti sia a livello nazionale che internazionale, come segnalato nel rapporto di BloombergNEF. La sovrapproduzione di tecnologie pulite in Cina ha contribuito a questa riduzione dei costi, rendendo le nuove installazioni eoliche e solari più economiche e ostacolando eventuali impatti negativi per via dei dazi, ma con una potenziale ricaduta per quanto riguarda l’Europa, in particolare sulle importazioni di tecnologie rinnovabili e materie prime critiche. Se la guerra commerciale con gli Stati Uniti blocca una frazione dell’interscambio cinese, questa frazione “rimane in piazza” e “deve andare da qualche parte” aggiunge Padovan. E per l’Europa, dal punto di vista dell'inflazione è positivo perché i prezzi calano. Ma dal punto di vista industriale potrebbe rivelarsi “devastante”. E, se le aziende europee non riescono a raggiungere prezzi così bassi e competitivi, vanno fuori mercato. L’esempio dei pannelli solari è “un caso di scuola” sostiene Padovan.

La Cina produce pannelli solari a un prezzo molto basso rispetto a quello europeo. In media la Cina può produrre un megawattora di elettricità con le principali tecnologie di generazione di energia a un costo inferiore dell'11-64% rispetto ad altri mercati, rileva il rapporto di BloombergNEF. Se gli Stati Uniti limitano l’importazione di pannelli solari cinesi sul loro territorio, quella produzione si sposterebbe sul mercato europeo, gravando così sulla produzione locale. Se le aziende devono riorganizzare la produzione per evitare dazi o per rispettare nuove normative, potrebbero trovarsi ad affrontare costi maggiori legati alla rilocalizzazione della produzione, a fornitori meno competitivi o a una logistica più complessa. Così l’Europa, pur non partecipando alla guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina, ne subirebbe gli effetti anche sul settore energetico.