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Fuga dei cervelli - Crediti iStock Photo
Roma, 20 febbraio 2025 – L’Italia ha, ormai da diversi anni, un problema legato alla cosiddetta fuga di cervelli, ovvero giovani ragazzi che si formano e studiano in Italia per poi andare a lavorare all’estero perché attratti da condizioni di vita e salariali più stabili e remunerative. I dati lo confermano: per ogni giovane proveniente da un Paese avanzato che arriva in Italia ben otto italiani scelgono di trasferirsi all'estero. Secondo un'indagine della Fondazione Nord Est presentata al Cnel, tra il 2011 e il 2023 circa 550mila giovani italiani tra i 18 e i 34 anni hanno lasciato il Paese, con il valore economico del capitale umano emigrato che è stimato in 134 miliardi di euro. Il talento dunque esce dai confini nazionali e, difficilmente, entra. Lo sostiene Luca Paolazzi, direttore scientifico della Fondazione: "L'Italia è un grande fornitore di risorse umane, ma non partecipa realmente alla circolazione di talenti, collocandosi all'ultimo posto per attrattività. Illudersi di far parte di questa mobilità significa ignorare la scarsa capacità del Paese di attrarre giovani. Questo fenomeno non solo complica il reclutamento di personale per le aziende, ma aggrava il disallineamento tra domanda e offerta di competenze".
L’Italia non è attraente per i giovani
Come detto in precedenza, l’Italia, rispetto agli altri Paesi europei, si colloca in fondo alla classifica di attrattività nei confronti dei giovani. Entrando più nello specifico, accoglie solo il 6% degli europei, mentre le vicine Svizzera e Spagna ne attirano rispettivamente il 43% e il 32%.
Le principali motivazioni che spingono i giovani italiani a emigrare includono:
- migliori opportunità lavorative (25%);
- studio e formazione (19,2%);
- una qualità della vita più elevata (17,1%);
- salari più alti (10%).
Il fenomeno è particolarmente evidente nel Nord Italia, dove il 35% dei giovani residenti valuta un trasferimento all'estero. Il rapporto evidenzia, inoltre, che quasi l'80% degli expat ha un'occupazione, contro il 64% di chi resta in Italia. Secondo Renato Brunetta, presidente del Cnel, la scarsa attrattività dell'Italia per i giovani rappresenta una vera emergenza economica e sociale: "Stiamo affrontando una fase critica caratterizzata da una grave carenza e fuga di giovani. Le imprese faticano a trovare personale, la pubblica amministrazione soffre di un deficit generazionale e l'intero sistema economico ne risente profondamente. L'inerzia di fronte a questa crisi è inaccettabile".
Perché i cervelli sono in fuga dall’Italia
Malgrado l'Italia soffra di una marcata carenza di profili tecnici, ben il 58,2% dei giovani emigrati svolge all'estero lavori per cui le imprese italiane hanno difficoltà a trovare personale, tra cui professioni qualificate nei servizi, operai specializzati e personale non qualificato.
Il benessere percepito, la prospettiva di carriera e la condizione lavorativa sono fattori chiave che influenzano la decisione di restare all'estero. Infatti, il 33% degli expat non prevede di rientrare in Italia, mentre solo il 16% ipotizza un ritorno, spesso per motivi familiari. Inoltre, il 51% è disposto a trasferirsi ovunque ci siano opportunità migliori.
Significativo è il fatto che l'87% degli expat valuti positivamente la propria esperienza all'estero. Tra i principali motivi che scoraggiano il ritorno in Italia emergono:
- la mancanza di opportunità lavorative adeguate;
- la percezione di un ambiente poco aperto culturalmente;
- una qualità della vita inferiore rispetto ad altri Paesi europei.