Lunedì 23 Dicembre 2024
ACHILLE PEREGO
Economia

Quantitative Easing e tassi zero restano fondamentali

L'acquisto di titoli sarà dimezzato a partire da gennaio, dopo due anni e mezzo. Il bilancio della massiccia iniezione di liquidità non può che essere positivo, anche se non tutti gli obiettivi sono stati raggiunti

Mario Draghi, la conferenza stampa (Lapresse)

Milano, 26 ottobre 2017 - E' stato dimezzato, e ancora di più rispetto all'importo originario, ma fino a settembre del 2018 non andrà in soffitta. E se l'Eurozona non mostrerà i segnali attesi (ripresa robusta dell'economia e tasso d'inflazione attorno al 2%) potrebbe ancora continuare. Stiamo parlando del Quantitative Easing (Qe). In pratica la massiccia iniezione di liquidità decisa nel marzo del 2015 dalla Banca centrale europea (Bce) guidata da Mario Draghi. Una scelta non facile, presa sulla scia delle misure varate per pompare soldi nell'economia reale dalla Banca centrale americana (la Fed) e che è sempre stata vista con sospetto, se non con una vera e propria contrarietà, dai banchieri tedeschi.

Nella realtà, il bilancio di poco più di due anni e mezzo di Qe non può che essere positivo, anche se non tutti gli obiettivi sono stati raggiunti, in particolare quello di riportare il tasso d'inflazione attorno al 2% che, escludendo i volatili indici del cibo e dell'energia, resterà quest'anno attorno all'1,1% per salire all'1,3% nel 2018 e all'1,5% nel 2019.

Nella riunione del suo consiglio, oggi la Bce – con ampio consenso ma non all'unanimità come ha precisato Draghi – ha deciso di tagliare il Qe. L'acquisto di titoli, a cominciare da quelli di Stato (compresi i bond italiani) scenderà dall'attuale livello di 60 miliardi al mese (già ridotto rispetto agli 80 originari) a 30 a partire da gennaio del prossimo anno e fino a settembre sempre del 2018. Ma l'acquisto potrebbe proseguire, oltre la scadenza fissata di fine estate del prossimo anno, se necessario, e in ogni caso fino a quando l'Eurotower di Francoforte non vedrà un deciso aggiustamento nel percorso dell'inflazione coerente con il suo obiettivo, pari appunto a quasi il 2%. Non solo, se le prospettive divenissero meno favorevoli, o le condizioni finanziarie si facessero incoerenti con ulteriori progressi verso un aggiustamento dell'inflazione, la Bce è pronta anche ad aumentare gli acquisti netti di titoli in termini di dimensioni o durata.

In pratica ancora una vittoria di Draghi che il Qe lo ha voluto e lo ha difeso anche dagli attacchi dei falchi tedeschi e di qualche altro Paese del Nord europea. Del resto non si può dire che non abbia funzionato in questi due anni e mezzo che hanno visto un aumento delle attività detenute dalla banche centrali dei Paesi dell'Eurozona, bracci operativi della Bce, pari a circa 2600 miliardi di euro. Un intervento che ha permesso di tenere sotto controllo gli spread dei Paesi più fragili a partire da quello italiano, che viaggia attorno ai 150 punti ma era arrivato addirittura vicino ai cento. Insieme con la riduzione degli spread, più che positivi per poter sottoscrivere mutui e prestiti, dalle famiglie alle aziende, a tassi contenuti e non più così distanti da quelli di Paesi forti come la Germania, la politica monetaria espansiva – che ha ribadito ieri Draghi continuerà tanto da non aver ancora toccato proprio i tassi – ha contribuito a mantenere il costo del denaro vicino allo zero. Una condizione che non può durare all'infinito, e non fa bene in particolare ai bilanci delle banche, ma è fondamentale per spingere la ripresa alla luce del fatto che il Pil europeo nei prossimi due anni, secondo le previsioni della stessa Bce, non arriverà a crescere del 2% fermandosi nel 2018 a un più 1,8 e nel 2019 a un ancora più contenuto 1,7%.

L'andamento del Pil lascia intendere come tassi a zero e Qe restino fondamentali, almeno per ora, per l'economia dell'Eurozona e per la nostra che da una fine dell'iniezione di liquidità potrebbe risentirne pesantemente con un aumento di spread e tassi e una contrazione di una ripresa che c'è ma non è ancora così robusta. E lo sa anche Draghi. Per questo ha puntato con così tanta forza sul Quantitative Easing. Ma bisognerà vedere che cosa succederà quando 'super Mario' lascerà il mandato alla guida della Bce nell'autunno del 2018. Magari, come sostiene qualcuno, per tornare a occuparsi direttamente dell'Italia verso la quale, da Francoforte, ha avuto sempre un occhio di riguardo anche tirandoci le orecchie e spingendoci a varare quelle riforme  economiche che siamo riusciti a realizzare solo in parte.