Roma, 29 novembre 2024 – È uno dei rincari dell’agroalimentare che sicuramente fa più paura nel nostro Paese: il caffè – bevanda in cima alle preferenze degli italiani e rito mattiniero per molti irrinunciabile – continua a veder gonfiare le quotazioni sui mercati internazionali.
Lo conferma il bollettino settimanale di Aretè, società indipendente di analisi e previsione sui mercati delle materie prime agrifood, che oggi si focalizza, appunto, su due temi particolarmente ‘caldi’: il caro-tazzina, da un lato, e i prezzi di gas ed energia, dall’altro.
Il caffè
Nei report pubblicati a novembre, il dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti ha rivisto decisamente al ribasso la produzione di caffè 2024/25, in Brasile e in Indonesia, rispetto alle stime pubblicate circa a metà anno. Per il Brasile, la produzione è stata rivista al ribasso del 6% per la varietà arabica e del 3% per la varietà robusta. Per l’Indonesia la produzione di robusta è stata rivista al ribasso dell’8%: l’aumento produttivo previsto, rispetto alla scorsa campagna, si riduce così dal +40% al +36%.
Le revisioni, compensate solo in parte dall’aumento della produzione in Colombia e India, si inseriscono in un contesto di stock già previsti ai minimi dal 2001. Colpa dell’incertezza macroeconomica e dei rischi derivanti dal cambiamento climatico, che potrebbero impattare anche sulla campagna 2025/26.
Del resto, è stata proprio la siccità in Brasile – la peggiore dal 1981 – a causare, quest’anno, il crollo della produzione nazionale. Le analisi Areté mostrano come i prezzi finanziari del caffè abbiano reagito intraprendendo una corsa al rialzo, che ha invertito la precedente fase di leggera deflazione. Da inizio novembre, la miscela più pregiata – l’arabica – e la robusta sono aumentate rispettivamente del 28% e del 21%: da inizio anno l’incremento risulta, rispettivamente, del 64% e del 72%. Da tredici anni le quotazioni dell’arabica sono ai massimi, infrangendo record su record.
Gas ed energia
Il monitoraggio Areté evidenzia come i prezzi del gas naturale (cui ci si riferisce con l’acronimo Ttf, che indica il mercato di riferimento europeo, con sede ad Amsterdam) siano cresciuti, da inizio novembre, del 20%. Al momento, la quotazione supera i 45 €/MWh. Da inizio anno, gli aumenti hanno ormai superato il 69%. Nello stesso periodo, il riferimento di prezzo per il mercato elettrico italiano (prezzo unico nazionale, conosciuto con l’acronimo ‘Pun’) ha registrato un incremento pari a +40%. In un contesto di scorte europee ancora consistenti, i rialzi sono principalmente riconducibili a fattori geopolitici. Ma pesano anche la ripartenza della domanda in prossimità della stagione fredda, da un lato, e gli stimoli alla ripartenza delle produzioni industriali, determinati dalle politiche monetarie meno restrittive della Banca centrale europea.
La domanda implicita di gas nei Paesi membri dell’Ue ha toccato, a ottobre, i 244.827 Gwh: +30% rispetto a settembre e +7% rispetto a un anno fa. Il mercato risulta esposto, infine, a tentativi di speculazione da parte dei grandi fondi di investimento: a seguito degli allarmi sui possibili tagli al gas russo, susseguitisi nelle scorse settimane, gli hedge fund hanno infatti aumentato del 21% le ‘scommesse’ su ulteriori rincari del combustibile. L’accelerazione di acquisti ha senza dubbio favorito la risalita dei prezzi ai massimi da novembre 2023.