Razzante*
Il Garante della privacy ha inviato un avvertimento formale al Gruppo Gedi, che due mesi fa ha siglato un accordo con OpenAI, l’azienda sviluppatrice di ChatGPT, una delle applicazioni di Intelligenza Artificiale generativa maggiormente utilizzate. Al centro della questione vi è la possibilità che gli archivi digitali di Gedi, contenenti informazioni personali di milioni di persone, vengano impiegati per addestrare l’Intelligenza Artificiale, con potenziali violazioni del Regolamento europeo sulla privacy (Gdpr). Gli archivi dei giornali custodiscono una mole enorme di dati: storie personali, dettagli sensibili, informazioni giudiziarie e dati di natura delicata che meritano una efficace protezione sul piano della privacy e degli altri diritti fondamentali. Nei dettagli l’istruttoria avviata dall’Autorità garante della protezione dei dati personali evidenzia le zone d’ombra della "partnership strategica" tra Gedi e OpenAI: manca la base giuridica che autorizzerebbe la cessione di quei dati a OpenAI; il gruppo Gedi non avrebbe informato gli interessati circa l’utilizzo dei loro dati per finalità di addestramento algoritmico; non sarebbero sufficientemente garantiti il diritto di opposizione e quello all’oblio, cioè alla cancellazione o all’aggiornamento delle informazioni. In questi casi il Gdpr prevede multe per le aziende fino al 4% del loro fatturato annuo globale. Gli archivi digitali non possono dunque finire nelle grinfie degli algoritmi, che rischiano di minare la riservatezza di quell’inestimabile tesoro dell’economia digitale rappresentato dai dati personali e sensibili degli utenti.
*Docente di Diritto dell’informazione all’Università Cattolica di Milano