Venerdì 22 Novembre 2024
ELENA COMELLI
Economia

Oltre 40 milioni di disoccupati in Europa: politiche del lavoro, cosa fanno i vari Paesi

Sono soprattutto giovani e precari la cui condizione è stata aggravata dalla pendemia

Oltre 40 milioni di europei hanno perso il lavoro a causa della pandemia. Molti di questi 40 milioni sono giovani e precari, già tra i più colpiti dalla crisi finanziaria del 2008-2009, seguita dalla recessione del 2012. Rischiamo così di trovarci presto di fronte a una generazione perduta.

Giovani e lavoro
Giovani e lavoro

Le politiche economiche frugali imposte in tutta Europa durante la crisi finanziaria causarono l'esplosione della disoccupazione giovanile, che nella media Ue continua ancora oggi ad essere più del doppio (14%) del tasso di disoccupazione complessivo (6%). In cima alla lista ci sono Grecia (28,6%), Spagna (26,9%), Italia (24%) e Romania (22,7%), ma questo problema persiste anche in altri Paesi, come Svezia (19,9%), Slovacchia (19,5%) e Francia (17%). Allo stesso tempo, i giovani “fortunati” che riescono a trovare un lavoro, spesso sono costretti al precariato: in media, il 47% dei giovani lavoratori ha un contratto a tempo determinato, contro il 10% del totale dei lavoratori, e il 31% dei giovani lavoratori (soprattutto donne) è costretto a svolgere un lavoro part time per sbarcare il lunario.

La pandemia di Covid-19 è stata l'ennesimo schiaffo in faccia. Non solo ha ritardato la ripresa dalla crisi finanziaria, prolungando una situazione di instabilità, bassa qualità del lavoro e servizi sociali sottofinanziati, ma ha anche richiesto ai giovani di rimanere a casa per proteggere (giustamente) le generazioni più anziane e più vulnerabili. I risultati mostrano chiaramente che i giovani ne hanno sofferto molto: da un lato il 61% dei giovani ha segnalato problemi di salute mentale, dall'altro lato i giovani sono il gruppo più colpito dalla povertà, con due giovani su tre europei a rischio di povertà ed esclusione sociale.

Lunghi e ripetuti periodi di disoccupazione, lavoro precario e problemi di salute mentale sono una ricetta tossica per segnare una generazione in modo permanente, portandola ad accettare lavori di bassa qualità e poco remunerati, per paura di non ottenere nient'altro. Questo farà il gioco dei datori di lavoro precari, come le piattaforme senza diritti, che occupano prevalentemente giovani lavoratori.

Per contrastare questa emergenza, l'Ue ha prodotto un piano di ripresa denominato "NextGeneration Eu", che doveva mettere le misure a sostegno dei giovani al centro dei Pnrr nazionali, ma un recente studio Ceps ne evidenzia le carenze. Alcuni esempi:

  • In Germania il 5% delle risorse del Pnrr è destinato alle "politiche per la prossima generazione", ma sarà principalmente dedicato a una piattaforma educativa per sostenere lo sviluppo di competenze, che non sembra sufficiente ad affrontare le sfide strutturali per i giovani lavoratori.
  • In Francia il 15% delle risorse è destinato alla nuova generazione, ma non affronta il problema principale di un mercato del lavoro fortemente segmentato, con elevata disoccupazione e disuguaglianze.
  • In Italia il 10% è destinato alla nuova generazione, ma le due principali iniziative a sostegno del mercato del lavoro (Garanzia Occupazione Lavoratori e Piano Nuove Competenze) sono considerate troppo vaghe in materia di governance, durata e monitoraggio

In Spagna, uno dei Paesi più colpiti dall'emergenza, è stata varata l'anno scorso una riforma per cercare di porre rimedio alla piaga del precariato, considerata invece un esempio positivo. In coincidenza con la sua entrata in vigore si è dimezzata la quota di contratti a tempo determinato stipulati nel Paese iberico, passando dal 48,2% di contratti a termine registrati in aprile al 24% del mese di maggio. La riforma prevede infatti che tutti i contratti di lavoro siano a tempo indeterminato, con due eccezioni: le esigenze produttive e la sostituzione di altri lavoratori. In ogni caso non potranno durare più di sei mesi e potranno essere utilizzati dalle imprese per non più di 90 giorni in un anno. Vengono inoltre introdotti limiti ai subappalti e sanzioni più pesanti per le violazioni. Le nuove regole introdotte dal governo di Pedro Sanchez rappresentano la prima riforma del lavoro da quando la Spagna è tornata una democrazia dopo il franchismo e restituiscono un ruolo più forte ai sindacati: le aziende mantengono il diritto alla flessibilità dell’orario di lavoro, ma i salari saranno fissati da accordi settoriali, non aziendali. Molti politici europei, compresa la neo-eletta segretaria del Pd, Elly Schlein, vorrebbero introdurre regole analoghe per offrire maggiori garanzie ai lavoratori.

L'ironia è che la crisi permanente in cui i giovani sembrano bloccati negli ultimi anni va di pari passo con una massiccia crisi di competenze e un mercato del lavoro molto teso. Dai dati emerge infatti che il numero di occupati nell'Ue cresce più lentamente del numero di posti vacanti, in aumento per mancanza di manodopera qualificata. Questi dati dimostrano che c'è ampio spazio di manovra per migliorare le dinamiche del mercato del lavoro, ma colmare il divario tra istruzione e occupazione sembra una difficoltà insormontabile in molti Paesi. La Commissione Ue ne è consapevole e per affrontare questa sfida ha dichiarato il 2023 Anno europeo delle Competenze. La soluzione di questa crisi, secondo l'unione dei sindacati europei dell'industria manifatturiera ed energetica, IndustriAll Europe, può venire solo da maggiori garanzie di sicurezza del lavoro e migliori connessioni fra istruzione e mondo del lavoro. Queste sono le richieste più pressanti al mondo della politica:

  • Divieto di stage non retribuiti
  • Apprendistati di qualità, dotati di tutoraggio e pagati abbastanza da consentire una vita dignitosa
  • Sicurezza del lavoro per i giovani lavoratori e opportunità più eque
  • Istruzione permanente che dia accesso alla riqualificazione e all'aggiornamento delle competenze in vista della transizione ecologica e digitale
  • Condizionalità sociale per tutti i finanziamenti pubblici.

Solo andando in questa direzione, secondo IndustriAll Europe, si potrà garantire anche negli anni a venire la competitività dell'industria europea e bloccare la fuga dei cervelli dai Paesi dove i diritti dei giovani lavoratori non sono tutelati.