Roma, 2 agosto 2023 – Nessun progetto sarà definanziato. E non ci saranno tagli. Il ministro per la Coesione e il Pnrr, Raffaele Fitto, incassa prima alla Camera e poi, nel tardo pomeriggio, al Senato, il disco verde sulla proposta di rimodulazione del Piano di Ripresa e Resilienza che prevede lo stralcio di nove interventi per un totale di 15,9 miliardi. Una revisione, spiega, che ha un solo obiettivo: evitare di perdere le risorse europee. Ma le opposizioni non ci stanno. La segretaria del Pd, Elly Schlein attacca: "Il Parlamento è stato esautorato, non basta una comunicazione d’ufficio ma, come previsto, una discussione e un voto preventivo della Camera. Ci avete messo 10 mesi per decidere la cancellazione di progetti per 16 miliardi". Sulla stessa linea il leader del M5s, Giuseppe Conte, che gioca con le parole: "Per il Pnrr è buio fitto".
Sul piede di guerra anche i Comuni che difendono i progetti già assegnati. Arriva la doccia fredda anche da parte del Servizio Studi della Camera, che chiede al governo di fare chiarezza sulla rimodulazione degli interventi: "Non si specifica quali saranno gli strumenti e le modalità attraverso i quali sarà mutata la fonte di finanziamento delle risorse definanziate dal Pnrr". Ma il ministro non fa una piega. Questa volta, anzi, entra nel merito di alcuni progetti che escono dal perimetro del Pnrr, facendo capire che rischiavano di non superare l’esame della Commissione europea. Lo dimostra il duro lavoro degli ultimi mesi per sbloccare la terza e quarta rata, oltre un centinaio di riunioni fra Roma e Bruxelles per mettere a punto 47 interventi di modifica normativi e amministrativi. Risultato: la terza rata passerà da 16,5 a 16 miliardi di euro e le risorse relative al progetto per le residenze universitaria saranno trasferite nella rata successiva. "Entro il 2023 completeremo l’iter incassando i 35 miliardi previsti per quest’anno". Il capitolo più delicato resta il definanziamento di una serie di misure, ritenute non realizzabili entro la scadenza del giugno 2026. Fitto fa esempi concreti. Partendo dai cosiddetti progetti in essere, quelli già finanziati con altri capitoli di spesa e che sono stati spostati nel Pnrr. È proprio qui che il ministro ha affondato il bisturi. È il caso, ad esempio, dei fondi contro il dissesto idrogeologico, alcuni vecchi di almeno 13 anni, un pacchetto di 1,2 miliardi. Una parte, comunque, potrebbe essere recuperata proprio per l’Emilia-Romagna: il confronto con l’Ue sarebbe già stato avviato. Ci sono poi i Piani Integrati Urbani, affidati ai Comuni, 6 miliardi con i lavori che avrebbero dovuto essere aggiudicati entro il 31 luglio. Questo non significa che gli interventi saranno cancellati. "Non revochiamo nessun finanziamento, ma spostiamo le risorse su capitoli che hanno scadenze o al 31 dicembre del 2029 o più lunghe".