Milano, 21 luglio 2024 – Lombardia, Emilia Romagna e Veneto continueranno la loro corsa anche nel 2024 svolgendo appieno il ruolo di locomitive d'Italia. Le tre regioni, infatti, traineranno il Pil reale nazionale che, stando ai principali istituti di statistica, dovrebbe attestarsi attorno al +0,7%, contro il +0,1% della Germania, il +0,7% della Francia e il +2,1% della Spagna. Le previsioni di crescita elaborate dall’Ufficio studi della Cgia su dati Prometeia evidenziano che in Lombardia la stima di crescita per l’anno in corso dovrebbe essere dello 0,95%, in Emilia Romagna dello 0,86% e in Veneto dello 0,80%. Tra le due regioni del Nordest, comunque, si inserirebbe la Valle d’Aosta con un aumento della ricchezza dello 0,81%. Un risultato, quest’ultimo, senz’altro positivo, ma con un impatto sull’economia nazionale contenutissimo, visto che la provincia valdostana ha un Pil in valore assoluto molto modesto e conta solo 123 mila abitanti. Ricordiamo, invece, che messe assieme, le altre tre regioni richiamate più sopra producono il 41% del Pil nazionale, il 53% circa delle esportazioni italiane e vi risiedono oltre 19 milioni di persone, il 33% dell’intera popolazione presente nel nostro Paese.
La situazione nel Mezzogiorno
Se le altre regioni del Centronord cresceranno tutte con incrementi che vanno dallo 0,5% in su, per contro le realtà geografiche del Mezzogiorno segneranno una variazione di crescita, sebbene sempre anticipata dal segno più, ma di modesta entità. Ad eccezione della Campania che dovrebbe aumentare il proprio Pil reale dello 0,57%, le previsioni della Sardegna sono pari al +0,49%, per la Sicilia al +0,46%, per la Basilicata al +0,37%, per la Puglia al +0,36%, per l’Abruzzo e per la Calabria al +0,23% e per il Molise al +0,22%. È vero che le distanze tra le regioni sono “millimetriche”, tuttavia la spaccatura tra Nord e Sud, anche in termini di aumento del Pil reale per l’anno in corso, è molto evidente.
Cosa va bene e cosa male
Se, come ha avuto modo di segnalare nelle settimane scorse la Banca d’Italia, nel 2024 la crescita dell’Italia sarà molto contenuta e in massima parte sostenuta dal buon andamento dei servizi (in particolare dal turismo) e delle esportazioni. L’industria in senso stretto, invece, è destinata a subire un deciso ridimensionamento: in particolare nel settore della moda (tessile, abbigliamento, calzature e accessori), dell’automotive e del metallurgico (produzioni siderurgiche, di semilavorati e di preziosi). Anche gli investimenti non dovrebbero subire particolari incrementi, mentre i consumi delle famiglie sono destinati a salire nella seconda parte dell’anno, dopo la flessione registrata tra la fine del 2023 e l’inizio del 2024.
Abruzzo e Umbria ancora lontane dal periodo pre-Covid
Se misuriamo la variazione del Pil reale tra il 2024 e il 2019 (anno pre pandemico), quasi tutte le regioni hanno recuperato abbondantemente il terreno perduto, in particolare nel 2020 che, ricordiamo, ha costretto tantissime attività economiche a chiudere e buona parte degli italiani a rimanere in casa. Ebbene, se da questo confronto la Lombardia può contare su un Pil del 6,65% superiore al dato conseguito nel 2019, la Puglia ha registrato uno straordinario +6,18% e l’Emilia Romagna +5,62%. Bene anche le altre tre regioni del Nordest: se il Trentino Alto Adige può contare su una variazione del +4,98%, il Friuli Venezia Giulia del +4,77% e il Veneto del +4,60%. Le uniche realtà che, invece, non sono ancora ritornate ai livelli pre-Covid sono l’Abruzzo con il -0,23% e l’Umbria con il -0,26%.
Le province “battistrada”
L’elaborazione dell’Ufficio studi della CGIA su dati Prometeia ha osservato anche la crescita del valore aggiunto reale3 delle 107 province presenti nel nostro Paese. Ebbene, a guidare la classificanazionale è Milano: si stima che nel capoluogo regionale lombardo la crescita sarà dell’1,14%. Seguono Pavia con il +1,01%o, Vicenza con il +0,98%, Bologna con il +0,95%, Modena con il +0,92% e Pordenone con il +0,88%. Tra tutti i territori analizzati, nove dovrebbero registrare una crescita negativa, scivolando così verso la recessione economica. Le situazioni più difficili parrebbero interessare Crotone e Isernia, entrambe con -0,13%, Ragusa con il -0,14% e, maglia nera nazionale, Vibo Valentia con il -0,23%. Infine, mettendo a confronto la il valore aggiunto previsto nel 2024 con quello del 2019 (anno pre Covid), Rieti ha registrato una straordinaria variazione pari al +14,34%; la più alta di tutto il Paese. Seguono Siracusa con il +12,95%, Taranto con il +12,69% e Modena con il +11,60%. Diversamente, sono una dozzina le province che nell’arco temporale analizzato non hanno ancora recuperato il livello che avevano raggiunto 5 anni fa. Le situazioni più critiche riguardano Fermo con una variazione del valore aggiunto del -2,06%, L’Aquila con il -2,14%, Sondrio con il -3,26% e Firenze con il -3,68%.
In Irlanda la regione più ricca dell’Ue, Bolzano la prima delle italiane
Sempre da un’elaborazione realizzata dall’Ufficio studi CGIA su dati pubblicati recentemente dall’Eurostat e riferiti al 2022, emerge che nella classifica del Pil pro capite a parità di potere d’acquisto delle 240 regioni presenti nell’Unione Europea, la regione più ricca è l’irlandese Southern con un importo pari a 101.200 euro. Seguono Luxembourg con 90.900 euro e l’irlandese Eastern and Midland con 87.600 euro. La Provincia Autonoma di Bolzano è il primo territorio italiano che nella graduatoria generale si colloca, però, al 13° posto con 56.900 euro. Seguono la Provincia Autonoma di Trento al 33° posto con 46.100 euro, la Lombardia al 34° posto con 46.000 euro e la Valle d’Aosta al 35° posto con 45.700 euro. Come era ovvio attendersi, le nostre regioni del Mezzogiorno sono concentrate nella parte bassa della classifica. La Puglia, ad esempio, è al 200° posto con un Pil pro capite di 22.900 euro, la Campania è al 205° posto con 22.200 euro, la Sicilia al 211° con 21.000 euro e, infine, la Calabria è al 215° posto con 20.300 euro. Fanalino di coda in Ue è la regione bulgara di Severozapaden con soli 14.100 euro. Va altresì segnalato che rispetto al 2019 (anno pre Covid), nella graduatoria europea del Pil pro capite tutte le nostre regioni del Nord (ad eccezione del Piemonte che è sceso di tre posizioni) o non hanno perso terreno (il Veneto) o hanno migliorato la posizione che occupavano prima della crisi pandemica (tutte le altre). Diversamente, le nostre regioni meridionali, ad eccezione del Molise e della Basilicata, sono scivolate ulteriormente verso il fondo della classifica generale, in particolare la Calabria, la Campania e la Sicilia che hanno perso rispettivamente quattro, cinque e sei posizioni a livello europeo.