Mercoledì 2 Ottobre 2024

Petrolio, la fiammata dell’oro nero e gli scenari legati al Medio Oriente

Mentre i pasdaran iraniani minacciano di colpire le raffinerie e i giacimenti di gas israeliani se lo Stato ebraico attaccasse l’Iran, gli analisti temono soprattutto un blocco delle forniture. Tabarelli: il rischio maggiore è la possibile contro rappresaglia iraniana nello stretto di Hormuz

Roma, 4 ottobre 2024 - Crisi in Medio Oriente e prezzi del petrolio alle stelle. Mentre i pasdaran iraniani minacciano di colpire le raffinerie e i giacimenti di gas israeliani se lo Stato ebraico attaccasse l’Iran – così le Guardie della rivoluzione citate dal Teheran Times – il greggio viaggia intorno ai massimi.

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Le quotazioni del greggio

Il Wti americano, dopo il balzo del 5% di giovedì, continua a salire toccando quota 74 dollari mentre il Brent europeo viaggia intorno ai 78 dollari.

Se le tensioni geopolitiche dovessero persistere e i prezzi del barile continuassero a salire, gli investitori potrebbero rivalutare le loro previsioni di inflazione e quindi le prossime mosse della Fed.

Il nuovo rialzo dei prezzi è arrivato dopo le parole del presidente statunitense, Joe Biden, che non ha escluso un blitz sulle infrastrutture petrolifere iraniane quale rappresaglia dell’attacco missilistico perpetrato nei giorni scorsi contro Israele.

Le parole del presidente Biden

Biden ha confermato che sono in corso le discussioni con lo Stato israeliano circa possibili attacchi agli impianti di produzione iraniani con l’obiettivo di colpire una delle principali fonti di entrate del Paese, escludendo però attacchi ad obiettivi nucleari, e da più parti si ritiene scontata questa possibilità.

Il Medio Oriente rappresenta circa un terzo della fornitura mondiale di greggio e l’Iran ha pompato circa 3,3 milioni di barili di greggio al giorno negli ultimi mesi, diventando il terzo produttore più grande nell’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio.

Il rischio dell’interruzione di fornitura

Tra i rischi più importanti secondo gli analisti di Generali Investment resta “quello dell’interruzione della fornitura di petrolio” che “avrebbe il potenziale di far aumentare significativamente i prezzi a causa delle preoccupazioni sull’approvvigionamento”.

Daan Struyven, co-responsabile della ricerca sulle materie prime globali di Goldman Sachs prevede che “se si verificasse un calo sostenuto di 1 milione di barili al giorno nella produzione iraniana, si assisterebbe a un picco di aumento dei prezzi del petrolio l’anno prossimo, di circa 20 dollari al barile”.

Le parole di Davide Tabarelli

Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, chiarisce all’Ansa: “Il rischio maggiore è la possibile contro rappresaglia iraniana nello stretto di Hormuz, di fronte all’Oman. Un canale in cui transita tutto l’export del Golfo Persico, principale via del traffico petrolifero mondiale che rappresenta circa il 40% del volume del mercato: l’efficacia degli attacchi iraniani è bassissima, visto la capacità degli americani di contrastarli, ma il rischio è altissimo. 15 milioni barili giorno transitano per Hormuz, un blocco totale farebbe schizzare il petrolio oltre i 200 dollari”.

"Siamo in un periodo di prezzi bassi – osserva Tabarelli -. Ieri il nervosismo legato agli annunci dei possibili attacchi alle infrastrutture petrolifere iraniane ha spinto il barile a 77-78 dollari, contro gli 85 raggiunti a luglio scorso. E i 120 dollari a cui era schizzato il giorno dell’invasione dell’Ucraina. E, nonostante la ripresa degli ultimi giorni, le quotazioni rimangono deboli per un eccesso di offerta dovuto all’abbondante produzione fuori dall’Opec, in particolare negli Usa, e alla debolezza della domanda della Cina”.