Mercoledì 4 Dicembre 2024
ANTONIO PETRUCCI
Economia

Allarme pesticidi: il 41% dei cibi presenta residui

Il dato emerge da un’indagine di Legambiente: male frutta e verdura, cereali integrali e vino. Bene l’olio extravegine d’oliva: molti campioni analizzati non ne contengono

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La frutta è l'alimento dove è più probabile trovare residui di pesticidi (Demaerre)

Roma, 4 dicembre 2024 – Per alcuni sono un male necessario, per altri se ne fa un abuso nei processi produttivi, a discapito della salute dei consumatori finali: sono i pesticidi, presenti in molti cibi che mangiamo, e individuati soprattutto nella frutta da un’indagine di Legambiente, realizzata in collaborazione con Alce Nero.

I dati del dossier “Stop pesticidi nel piatto”

Il 41,3% dei campioni analizzati contiene residui, e la frutta è la categoria più colpita. Il 26,3% dei campioni analizzati contiene più di un residuo di fitofarmaci, con il rischio di effetti additivi e sinergici che potrebbero compromettere la salute umana, in particolare nei casi di contaminazioni multiple come quelle rilevate in frutta e verdura. Olio extravergine di oliva e vino mostrano segnali positivi, evidenziando il successo delle filiere sostenibili. Pochissimi invece i residui nei prodotti biologici (il 7% dei campioni analizzati) e dovuti presumibilmente alla contaminazione accidentale. "Sono urgenti l’approvazione di un nuovo Piano di Azione Nazionale per l'uso sostenibile dei fitofarmaci e della legge contro le agromafie, l'introduzione di normative contro il multi-residuo, il rafforzamento del supporto all'agricoltura biologica e una maggiore equità nell'accesso ai fondi per le piccole e medie imprese agricole che hanno intrapreso la strada della transizione". Sono queste le richieste di Legambiente, dopo aver comunicato i dati del dossier. Ma vediamoli nel dettaglio: su 5.233 campioni di alimenti analizzati, provenienti sia da agricoltura convenzionale che biologica, emerge una percentuale di irregolarità pari all’1,3%. Una cifra contenuta ma non di certo rassicurante. Il 41,3% dei campioni, infatti, presenta tracce di uno o più residui di fitofarmaci, la cui presenza può generare effetti additivi e sinergici, con potenziali danni per la salute umana. Tra gli alimenti più colpiti spicca la frutta, con il 74,1% di campioni contaminati da uno o più residui. Male la verdura (34,4%), i prodotti trasformati (29,6%), i peperoni (59,5%), i cereali integrali (57,1%) e il vino (46,2%).

I segnali incoraggianti

Eppure, non mancano segnali incoraggianti. Nel settore dei prodotti trasformati, l’olio extravergine di oliva si distingue con altissime percentuali di campioni privi di residui, a conferma della sua eccellenza e del rigore produttivo che caratterizza questa filiera. Anche il vino mostra un trend in positivo: il 53,1% dei campioni analizzati è risultato privo di residui, segnando un miglioramento rispetto al 48,8% dell’anno precedente. Piccoli ma importanti passi in avanti verso una maggiore sostenibilità e qualità. Nonostante ciò, il deterioramento registrato nel comparto della frutta nel 2023 racconta un’altra storia. Le condizioni climatiche, segnate da piogge abbondanti e temperature miti, hanno favorito la proliferazione di micopatologie, costringendo gli agricoltori a un uso massiccio di anticrittogamici per salvare i raccolti.

Il pensiero di Ciafani e Gentili

“Il quadro che emerge dai dati è preoccupante – ha dichiarato Stefano Ciafani, presidente di Legambiente- ma allo stesso tempo rappresenta un’opportunità per riconsiderare il nostro modello agricolo. La mancata adozione sia del Regolamento europeo sull’uso sostenibile dei fitofarmaci che di un nuovo Piano di Azione Nazionale, fermo alla versione del 2014, è un freno inaccettabile per il processo di transizione verso un’agricoltura più sicura e sostenibile. È altresì urgente introdurre una norma che regolamenti il multi-residuo per limitare l’accumulo di più pesticidi in un singolo prodotto alimentare, con il rischio di effetti dannosi per la salute umana. Anche Angelo Gentili, responsabile Agricoltura di Legambiente, ha commentato i dati emersi dal dossier: "Una delle risposte all’allarme relativo all’uso dei fitofarmaci e alla necessità di ridurre l’impatto ambientale dell'agricoltura è sicuramente l’agricoltura biologica, che rappresenta un modello virtuoso di transizione ecologica per le filiere produttive. Basti pensare che i residui nei prodotti biologici sono pochissimi (7% dei campioni analizzati) e dovuti presumibilmente alla contaminazione accidentale. L’Italia continua a essere un leader europeo con 2,5 milioni di ettari coltivati a biologico, pari al 19,8% della superficie agricola utilizzata. Tuttavia, per incentivare una crescita maggiore di questo settore e colmare il divario tra domanda e offerta, è fondamentale introdurre strumenti che facilitino i consumatori”.

Il traffico illegale di pesticidi

Da alcuni anni la polizia europea coordina un’inchiesta internazionale, chiamata "Silver Axe", che ha lo scopo di intercettare i fitofarmaci illegali. Fra il 2016 e il 2021, il totale dei sequestri è pari a 2600 tonnellate di pesticidi, circa 520 tonnellate l’anno. Ma secondo l’Europol, il 15% dei fitofarmaci usati sono illegali. Il problema sta nel non conoscere nemmeno i rischi che certi prodotti chimici possono avere sulle persone, visto che non si possono analizzare prodotti che non vengono intercettati. Nella sola Unione Europea il traffico illegale di pesticidi costa alle aziende circa 1,3 miliardi di euro all’anno, circa il 13% di tutta l’industria continentale, e i dati fuori Europa sono persino difficile da stimare. Stando alle forze dell’ordine, il problema centrale risiede nel fatto che, a fronte di enormi vantaggi per le aziende, l’uso di fitofarmaci illegali difficilmente porta all’arresto dei responsabili, che quindi continuano i propri traffici illeciti, a discapito della salute dei cittadini.