Roma, 1 febbraio 2024 - Da Berlino a Parigi, fino in Italia e ora a Bruxelles. Sono migliaia gli agricoltori in marcia sui trattori, e oggi anche davanti la sede del Parlamento europeo, che protestano contro la politica agricola Ue. La contestazione, divenuta di respiro europeo, è tema caldo che preoccupa i governi, considerando che in alcune città si sta facendo violenta. Ma cosa sta succedendo e perché gli agricoltori protestano?
Com’è nata la protesta dei trattori
In Germania la protesta è cominciata a metà dicembre. Ad accendere gli animi, alcune decisioni del governo tedesco in tema agricoltura. Il governo ha infatti deciso di finanziare sia la guerra in Ucraina che la cosiddetta transizione verde. Tuttavia, dopo che la proposta è stata bocciata dalla Corte tedesca, creando un buco nella finanza tedesca, il cancelliere Olaf Scholz ha deciso di effettuare dei tagli nel settore agricolo, con l’eliminazione di alcuni sussidi e sgravi fiscali. Non solo, ma a spaventare gli agricoltori tedeschi è anche l’ingresso dell’Ucraina nell’Unione europea e la ripartizione dei sussidi tra i paesi membri, essendo essa una potenza agricola globale. Per questo, gli agricoltori tedeschi hanno acceso un faro sulla Politica agricola comune (Pac) chiedendo una revisione più equa. A seguito dei tedeschi, anche gli agricoltori francesi hanno iniziato la loro protesta a livello nazionale, seguiti dagli spagnoli e ora anche dagli italiani. In Olanda e Belgio le proteste degli agricoltori sembrano risalire addirittura a marzo 2023.
Perché gli agricoltori protestano
Sebbene ogni paese abbia le proprie ragioni interne, gli agricoltori protestano per le riforme ambientali e in generale l’aumento dei costi nel settore agricolo. Tra le motivazioni principali troviamo il Green deal europeo. Gli agricoltori chiedono a proposito una revisione del nuovo piano per affrontare le sfide ambientali, rendendo le politiche Ue più favorevoli nei confronti dell’agricoltura. Allo stesso modo, i coltivatori chiedono una revisione della Politica agricola comune e una modifica per quanto riguarda i vincoli per l’accesso ai finanziamenti della Pac. Infine, ad accendere la rabbia degli agricoltori l’aumento dei costi di produzione che mette sotto pressione gli operatori del settore, che chiedono un abbassamento dei prezzi e un compenso adeguato per il loro lavoro.
La protesta degli agricoltori in Italia
In Italia la protesta è arrivata, seppur con un po’ più di ritardo, in molte regioni, dalla Lombardia alla Toscana, fino alla Sardegna. Pensiamo al presidio di Melegnano, vicino l’imbocco dell’autostrada A1, dove i manifestanti a bordo dei trattori sono entrati in città. Tra le richieste, troviamo maggiori sussidi e difesa del Made in Italy, quindi no alla carne sintetica, no a farine di insetti, no agli impianti fotovoltaici sui terreni produttivi. Accanto a questo, gli agricoltori protestano contro il costo dei carburanti, l’aumento dei mutui, le tasse in seguito alla reintroduzione dell’Irpef agricola. La Legge di Bilancio 2024, infatti, non ha confermato l'esenzione Irpef per gli agricoltori.
Coldiretti in piazza a Bruxelles contro il Parlamento europeo
Come spiega la Coldiretti, in piazza contro la Pac a Bruxelles: “Dal divieto delle insalate in busta e dei cestini di pomodoro all'arrivo nel piatto degli insetti, dal nutriscore che boccia le eccellenze Made in Italy al via libera alle etichette allarmistiche sulle bottiglie di vino, dal permesso alla vendita del prosek croato e agli altri falsi fino alla possibilità di importare grano dal Canada dove si coltiva con l'uso di glifosato secondo modalità vietate in Italia. Sono solo alcune delle follie europee che rischiano di tagliare del 30% la produzione di cibo Made in Italy”. Gli agricoltori italiani chiedono infatti che prodotti stranieri vengano venduti come italiani e soprattutto una revisione della politica Ue. Da quest’anno, infatti, scatta l’obbligo di tenere incolto il 4% dei terreni seminati sopra i 10 ettari. “Non ha senso - spiega il presidente di Coldiretti Molise Claudio Papa - impedire agli agricoltori di non coltivare quote dei loro terreni, quando poi si è costretti ad importare”.