Martedì 5 Novembre 2024
CLAUDIA MARIN
Economia

Pensioni, ecco come evitare lo scalone. L'ipotesi Inps si chiama Quota 63

La proposta di Tridico: uscita anticipata con taglio all’assegno. Si rafforzano Ape social e opzione donna

Le pensioni in Italia

Le pensioni in Italia

Che sia nella versione Tridico (assegno anticipato solo nella quota contributiva) o nella versione Damiano (pensione intera, ma con penalizzazioni per la quota retributiva), la misura che si sta delineando per il dopo Quota 100 potrebbe ben essere ribattezzata Quota 63: perché, tanto nella formula del presidente dell’Inps quanto in quella dell’ex ministro del Lavoro, la nuova età per lasciare il lavoro dal prossimo primo gennaio potrebbe essere di 63 anni di età. E questo insieme con il rafforzamento e l’estensione (anche a categorie come estetisti) dell’Ape sociale e la conferma dell’opzione donna potrebbe costituire il pacchetto di riforma previdenziale che permette di tenere in riga i conti e evitare, però, che da gennaio si passi di colpo da 62 a 67 anni (lo scalone) per andare in pensione. 

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Mentre viene bocciata la soluzione dei 41 anni di contributi a prescindere dall’età, perché eccessivamente onerosa: 9 miliardi nel 2029. E lo stesso discorso vale anche per il riscatto gratuito della laurea giudicato "molto costoso": intorno ai 4-5 miliardi di euro ogni anno, "una spesa molto importante". A fare il punto sui lavori in corso in vista della legge di Bilancio è lo stesso numero uno dell’Inps in audizione in Parlamento. E tocca a lui rilanciare quello che è un suo vecchio cavallo di battaglia: una sorta di Ape contributiva. In sostanza, i lavoratori con almeno 20 anni di contribuzione, che abbiano 63 o 64 anni e che abbiano maturato un assegno pari o superiore a 1,2 volte l’assegno sociale (618 euro mensili) potrebbero lasciare il lavoro in anticipo ottenendo come trattamento solo la quota di pensione maturata e calcolata con il metodo contributivo. Mentre l’altra fetta, quella derivante dal calcolo retributivo, verrebbe incassata dai 67 anni in avanti. Un lavoratore nato nel ’60, che abbia cominciato a lavorare nel 1985, con uno stipendio di 1.800 euro potrebbe incassare 847 a 63 anni e 1.253 dai 67 anni in avanti.

La possibile platea interessata alla misura, secondo Tridico, consiste in circa 200mila lavoratori in tre anni, con un costo dovuto solo all’anticipazione di cassa, ma non effettivo, perché i lavoratori anticipano la pensione che hanno accumulato con i loro contributi. Cambia l’impostazione, ma va nella stessa direzione, la soluzione Damiano: uscita dai 63 anni in avanti, con anticipo di 4 anni, con penalizzazione del 2-3 per cento per ogni anno fino a un massimo di taglio dell’8-12 per cento, ma solo per la parte "retributiva" dell’assegno. "Rispetto al 2013 quando è stata presentata – spiega l’ex ministro – si tratterebbe di una soluzione meno costosa per lo Stato e meno penalizzante per i lavoratori, perché nel frattempo è aumentata la parte calcolata con il sistema contributivo".

Nel menù delle nuove misure rientra, come conferma lo stesso Tridico, anche la Super Ape sociale: allargata a "30 codici in più" relativi a categorie di lavoratori gravosi, dai 15 di oggi: tra questi conduttori di impianti, saldatori, operai forestali ma anche estetisti. Con le modifiche all’Ape sociale proposte dalla Commissione sui lavori gravosi (proroga fino al 2026, ampliamento della platea per i lavori gravosi e riduzione dei contributi per gli edili da 36 a 30) il conto sarebbe in tre anni di poco più di un miliardo di euro. Ma per Tridico l’Ape sociale andrebbe estesa anche ai lavoratori fragili, colpiti dal Covid e malati oncologici.