Sulla sostenibilità del sistema previdenziale l’Italia batte la Francia due a zero. E, anche se dovesse andare in porto la nuova e controversa riforma delle pensioni presentata per l’ennesima volta dal Presidente Macron, la distanza, in termini di rigore delle regole, rimarrà comunque. Basti pensare che sono ormai anni che nel nostro Paese l’età pensionabile standard è fissata a 67 anni per tutti. Mentre Oltralpe il parametro-chiave è fermo a 62 anni e solo con il difficile riassetto proposto si arriverà a 64 anni.
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È vero che da noi abbiamo altre formule di ordine generale con condizioni di accesso al pensionamento che possono prescindere dall’età, come è il caso della pensione cosiddetta anticipata (che, però, è anticipata solo nella definizione, perché nella realtà servono 42 anni e 10 mesi per lasciare il lavoro per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne). E’ altrettanto vero che sono stati introdotti, anno dopo anno, canali specifici di uscita, come le varie Quote (100 – 102 – 103), l’Ape sociale, l’Opzione donna, ma si tratta di vie strette, utilizzabili per lo più solo per poche categorie di lavoratori, che si trovano in condizioni di disagio: disoccupati, caregiver, invalidi, persone che svolgono attività gravose.
Dunque, a conti fatti, il confronto continua a premiare il rigore delle regole italiane rispetto a quelle francesi attuali e anche rispetto alle future. E, semmai, andrebbe considerato che in Francia un altro aspetto rilevante della riforma annunciata riguarda le cosiddette pensioni speciali. Si tratta di prestazioni che concernono intere categorie di lavoratori tra i quali gli ex dipendenti della Ratp (la rete di trasporti della capitale), di elettricità e gas, della Banca di Francia e del Consiglio economico, sociale e ambientale.
L’obiettivo del governo è tagliare progressivamente questi privilegi, in modo da livellare il sistema previdenziale su un unico trattamento per tutti i francesi, con la sola eccezione di chi ha svolto lavori usuranti. E’ un passaggio che da noi è avvenuto dagli inizi degli anni Novanta in avanti.
A nostro svantaggio, infine, va però il livello della pensione minima: da noi siano a 570 euro (600 per gli over 75). In Francia siamo a 1.200 euro mensili, ma va detto, però, che l’importo deriva anche da un differente costo della vita nei due Paesi.