Roma, 1 febbraio 2023 - Brutta sorpresa per chi, tra oggi e i prossimi giorni, riceve il pagamento della pensione di febbraio 2023. I pensionati con assegni da 1.500 euro netti mensili in su non solo hanno avuto un drastico taglio della rivalutazione, che si porteranno dietro per tutta la vita, ma riceveranno l’aumento tagliato solo a marzo. Come dire: oltre al danno, anche la beffa. L’Inps, infatti, non è riuscito a fare prima i conteggi per inserire gli incrementi ridotti già a gennaio, ma non riuscirà a farlo neanche per febbraio. Dunque, solo a marzo sarà possibile erogare i nuovi importi della pensione, ma - bontà loro - nel cedolino saranno inseriti anche gli arretrati di gennaio e febbraio.
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A mettere nero su bianco la conferma di quello che si temeva è, del resto, direttamente l’Istituto di previdenza che, però, sottolinea paradossalmente come sia un risultato essere riusciti a pagare da gennaio gli aumenti per gli assegni inferiori alla cifra indicata. "Dal 1° gennaio – spiegano - l'Inps ha provveduto ad attribuire la rivalutazione delle pensioni e delle prestazioni assistenziali nella misura del 100% a tutti gli utenti che abbiano ottenuto in pagamento, nell'anno 2022, rate di pensione per un importo inferiore o uguale a 2.101,52 euro (quattro volte il trattamento minimo). Per tutti gli altri pensionati, nel mese di marzo 2023, l'Inps procederà ad attribuire la perequazione in percentuale in base all'importo annuale in pagamento, come previsto dall'art. 1 comma 309 della legge di bilancio. Nel mese di marzo saranno inoltre posti in pagamento anche gli arretrati riferiti ai mesi di gennaio e febbraio 2023".
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La stretta drastica sulle rivalutazioni, con una vera roulette tra percentuali, scaglioni e importi, è la principale novità per gli assegni dei pensionati scattata dal primo gennaio. E se da un lato i trattamenti minimi potranno contare su un super-adeguamento del 120% (e ancora più elevato per gli over-75), coloro che ricevono più di 2.100 euro lordi mensili dovranno fare i conti con un mancato incremento che cresce al crescere dell’importo. Fino a raggiungere cifre significative che, cumulandosi, possono arrivare, secondo le stime del centro studi Itinerari previdenziali, anche a perdite di 13 mila euro in dieci anni per chi sta sopra i 2.500 euro o addirittura a meno 69.000 per chi sta intorno ai 5.000 euro lordi mensili. Da qui al 2033. Al taglio si aggiunge, come si temeva, anche il rinvio a marzo del pagamento degli aumenti previsti, arretrati compresi.