Venerdì 26 Luglio 2024
CLAUDIA MARIN
Economia

Pensioni, età bloccata a 67 anni fino al 2028 per le uscite di vecchiaia

L’adeguamento alla cosiddetta speranza di vita dovrebbe scattare solo dal 1° gennaio 2029. Al momento per lasciare il lavoro occorrono per tutti almeno 20 anni di contributi

L'età anagrafica per andare in pensione non subirà adeguamenti sull'aspettativa di vita fino alla fine del 2028 (Ansa)

L'età anagrafica per andare in pensione non subirà adeguamenti sull'aspettativa di vita fino alla fine del 2028 (Ansa)

Roma, 26 luglio 2024 – L’età anagrafica richiesta per la pensione di vecchiaia, con tutta probabilità, resterà a quota 67 anni fino al termine del 2028, senza nessun adeguamento alla cosiddetta speranza di vita. Il rallentamento, se non il blocco, di quest’ultimo indice, avvenuto durante la fase della pandemia, dovrebbe continuare anche per quasi tutto il resto del decennio. E, dunque, a meno di sorprese, solo dal primo gennaio 2029 si dovrebbe salire a 67 anni e 1 mese.

La certezza dell’andamento indicato arriverà solo nel corso dei prossimi anni, ma i numeri delle tabelle dell’Istat utilizzate nel cosiddetto scenario demografico mediano (base 2022) ripreso dalla Ragioneria generale dello Stato confermano la tesi accennata. Il ritmo di crescita o, meglio, lo stop alla crescita è fissato nero su bianco nella Nota di Aggiornamento al Rapporto n. 24 ‘Le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio-sanitario’ elaborato dalla Ragioneria Generale dello Stato.

Sappiamo che nel 2024 sono richiesti 67 anni di età anagrafica e 20 anni di anzianità contributiva per tutte le categorie di lavoratori: uomini e donne, dipendenti, pubblici e privati, e autonomi. L’età anagrafica per la pensione di vecchiaia, però, è soggetta ad adeguamenti periodici, in funzione dell’andamento della speranza di vita. Il che vuol dire che se la speranza di vita cresce, cresce anche la soglia anagrafica da raggiungere per poter accedere alla pensione di vecchiaia. In particolare, a partire dal 2019 l’adeguamento avviene con frequenza biennale (in precedenza era invece triennale) ma è stato o sarà pari a zero per i bienni 2021-2022, 2023-2024 e 2025-2026 perché non si sono registrati aumenti della speranza di vita. L’ultima versione della regola che presiede al meccanismo, però, prevede che l’adeguamento possa essere al massimo di tre mesi a biennio, con la possibilità di recuperare il mese eccedente in sede di adeguamenti successivi. Al contrario, se la speranza di vita si riduce o rimane ferma, come è avvenuto durante la pandemia, non scatta nessun aumento dell’età anagrafica. È quello che accadrà anche fino al 2028 secondo le previsioni dell’Istat.