Martedì 12 Novembre 2024
CLAUDIA MARIN
Economia

Pensioni, gli aumenti di aprile spiegati bene: chi guadagna (e chi perde) con la nuova rivalutazione

Ecco che cosa prevedono le sei fasce del 2023 e qual è l’impatto sui pagamenti

Roma, 4 aprile 2023 –  Da qualche giorno è scattata la nuova tornata mensile di pagamento delle pensioni. E da aprile è entrata definitivamente a regime anche la messa a punto della rivalutazione degli assegni sulla scorta delle nuove regole e dei nuovi criteri fissati nella legge di Bilancio per il 2023.

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Acquisite le date di pagamento del mese in corso secondo il calendario messo a punto dall’Inps tra banche, Poste, accrediti sui conti e pagamenti in contanti, si può dire che l’operazione adeguamento degli assegni all’inflazione è compiuta. E, dunque, dopo che nel mese di marzo anche le pensioni superiori a 4 volte il trattamento minimo hanno ricevuto gli adeguamenti previsti, con l’aggiunta degli arretrati, da aprile nel cedolino si troveranno solo gli adeguamenti a regime senza gli arretrati. Mettiamo di nuovo in fila i termini della rivalutazione valida per quest’anno. Per il 2023 dal sistema degli scaglioni si è tornati al metodo delle fasce, che risulta più penalizzante sull’importo dell’assegno perché la sforbiciata si applica su tutto l’importo del trattamento.

Le 6 fasce varate attualmente valide sono:

  •  100% sulle pensioni fino a 4 volte il minimo (2.102 euro)
  •  85% sulle pensioni tra 4 e 5 volte il minimo (2.102-2.627 euro)
  •  53% sulle pensioni tra 5 e 6 volte il minimo (2.627-3.152 euro)
  •  47% sulle pensioni tra 6 e 8 volte il minimo (3.152-4.203 euro)
  •  37% sulle pensioni tra 8 e 10 volte il minimo (4.203-5.254 euro)
  • 32% sulle pensioni oltre 10 volte il minimo (sopra 5.254 euro)

Quale è stato e quale è l’impatto della rivalutazione nuova sugli assegni in corso di pagamento? Coloro che prendono fino a 2.102 euro di pensione lorda al mese non subiscono tagli: l’aumento è del 7,3%, 73 euro in più mensili e 949 annui fino a mille euro, l’aumento è di 110 euro mensili e di 1.430 euro in un anno per trattamenti fino a 2 mila euro. Coloro che hanno assegni sopra i 2.102 euro, hanno incrementi sì, ma inferiori a quelli che avrebbero avuto se si fosse applicato il vecchio metodo. Gli assegni tra 4 e 5 volte il minimo ottengono il 5,6% anziché il 7,3% di inflazione. Tra 5 e 6 volte il minimo: il 3,87%. Tra 6 e 8 volte il minimo: il 3,43%. Tra 8 e 10 volte il minimo: il 2,70%. Oltre 10 volte il minimo: il 2,34%. Per chi prende 2.500 euro lordi mensili, la perdita è di 31 euro mensili e 403 euro annui. A 3.000 euro lordi si perdono 93 euro mensili e 1.203 euro annui. Con 4.000 euro lordi di pensione mensile il taglio dell’aumento è di 126 euro mensili e di 1.643 euro all’anno. A 5.500 euro si ottengono 218 euro mensili in meno e 2.829 euro annui.