Martedì 23 Luglio 2024
CLAUDIA MARIN
Economia

Pensioni anticipate, la Lega prepara l’affondo: uscite con 41 anni di contributi

Il Carroccio vuole garantire il beneficio esclusivamente con il contributivo e con assegno ridotto. Nei primi sei mesi dell’anno i trattamenti flessibili erogati sono calati di oltre il 14%

Roma, 24 luglio 2024 – La volontà della Lega di rilanciare lo storico cavallo di battaglia delle pensioni in chiave anti-riforma Fornero ha un obiettivo preciso: arrivare a introdurre nella prossima legge di Bilancio la cosiddetta Quota 41 come misura universale e strutturale per lasciare il lavoro in anticipo al posto dell’attuale e provvisoria Quota 103. Il che si traduce, in concreto, nel prevedere un pensionamento flessibile con 41 anni di contributi, a prescindere dall’età. Ma è del tutto evidente che l’ipotesi del Carroccio, sostenuta da Matteo Salvini e dal sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon, dovrà tenere conto delle scarse risorse che il governo avrà a disposizione per la manovra per il 2025: una manovra che dovrà essere adeguata alle richieste pressanti di Bruxelles per deficit e debito e che, come avvisano dal Fondo monetario internazionale, non potrà evitare un "aggiustamento fiscale forte e tempestivo". Da qui l’inevitabile correttivo del ricalcolo contributivo dell’assegno per chi deciderà di uscire con Quota 41. Con un taglio del 15-20 per cento dell’importo della rendita. E, d’altra parte, che le pensioni siano una voce di spesa significativa del bilancio pubblico è dimostrato anche dagli ultimi dati dell’Inps sui flussi di pensionamento per l’anno in corso.

Matteo Salvini, leader della Lega
Matteo Salvini, leader della Lega

Basta pensare che la stretta sulle regole di uscita prevista dalla legge di Bilancio per il 2024 ha fatto sì che nei primi sei mesi dell’anno le pensioni anticipate liquidate sono state 99.707 con un calo del 14,15% rispetto a quelle con decorrenza nello stesso periodo del 2023. Il dato, nello specifico, è legato soprattutto all’allungamento delle cosiddette "finestre" per Quota 103 ovvero il periodo che bisogna attendere una volta raggiunti i 62 anni di età e i 41 di contributi per il collocamento a riposo. Per i lavoratori privati sono passate da tre a sette mesi mentre per i pubblici da sei a nove mesi. Ciò significa che nel 2024 ancora nessuno di coloro che ha raggiunto i requisiti anagrafici e contributivi per Quota 103 è potuto andare in pensione dato che la prima uscita è prevista per gli inizi di agosto.

Guardando al 2025, però, i vertici della Lega sono determinati ad allentare di nuovo i vincoli che hanno impedito le uscite flessibili e che hanno fatto dire al leader della Cgil che questo governo ha finito per peggiorare la riforma Fornero. In più occasioni, però, Salvini ha spiegato che "stiamo lavorando sull’argomento pensioni per agevolare chi non ce la fa più e ha la schiena rotta al ritorno alla vita familiare". Un avviso che il suo uomo della previdenza, Durigon, ha tradotto in una proposta fondata su Quota 41 ricalcolata con il contributivo. "Nella prossima manovra porteremo Quota 41 con il ricalcolo contributivo al posto di Quota 103 ¬– ha più volte puntualizzato –. È sostenibile, è l’anno giusto per farla, ha forza e gambe per durare un decennio. Speriamo poi di rinnovare Opzione donna e Ape sociale. Studiamo incentivi per rimanere al lavoro, in alcune professioni come quelle mediche. E interverremo ancora sull’indicizzazione degli assegni: non è giusto dare la stessa inflazione a tutti, meglio sostenere le pensioni basse".

Quota 41 pura, basata sui sistemi di calcolo misti propri di chi abbia cominciato a lavorare negli anni Ottanta, finirebbe per costare circa 4 miliardi nel 2025 e 9 miliardi l’anno a regime. Un ammontare di risorse impossibili da reperire e utilizzare per uno strumento come questo. Sarebbe ben differente e meno oneroso l’impatto nel caso in cui gli assegni dovessero essere computati con il sistema, meno favorevole, fondato sui contributi versati. L’onere per lo Stato sarebbe ben più contenuto, mentre il prezzo per i lavoratori sarebbe, però, più salato: la sforbiciata all’assegno potrebbe superare anche il 20 per cento con effetti crescenti per gli anni successivi. La volontarietà della scelta, come accade per Opzione donna, però potrebbe rivelarsi una carta in più per coloro che non volessero attendere i fatidici 67 anni e oltre fissati dalla riforma Fornero.