Roma, 1 gennaio 2024 – Le vie per la pensione, almeno per quella anticipata e flessibile, diventano più strette nell’anno appena cominciato. Tra il giro di vite sui requisiti, le penalizzazioni introdotte, l’allungamento delle cosiddette "finestre” (i varchi per lasciare effettivamente il lavoro, una volta maturate le condizioni), il risultato è che conquistare l’uscita non solo sarà più difficile, ma di fatto in molti casi si finirà per dovere attendere i primi mesi del 2025. Ma vediamo, nello specifico, i canali vecchi e nuovi per il pensionamento nel 2024.
La pensione di vecchiaia modello Fornero
Dal primo gennaio la pensione di vecchiaia si conquista, come per gli anni passati, a 67 anni di età. E’ la soglia dell’età pensionabile, frutto della riforma Fornero. Vale per uomini e donne, dipendenti pubblici e privati, lavoratori autonomi. Serve comunque un minimo di 20 anni di contributi.
La pensione anticipata (si fa per dire)
Anche in questo caso parliamo di una via di uscita prevista dalla legge Fornero e definita pensione anticipata, ma che di anticipato ha ben poco. L’anzianità contributiva richiesta per questa formula nel 2024, come negli anni precedenti, è differente per gli uomini e per le donne. I lavoratori, a prescindere dal settore e dall’età anagrafica, devono raggiungere i 42 anni e dieci mesi di contributi. Le lavoratrici, anche in questo caso a prescindere dal settore e analogamente dall’età anagrafica, devono raggiungere i 41 anni e dieci mesi di contributi.
Quota 103 con ‘mille ostacoli’
Dopo il tentativo di far scattare Quota 104, alla fine anche per il 2024 è rimasta valida Quota 103, ma con penalizzazioni non di poco conto rispetto alla versione precedente, al punto da limitare la platea che potrà utilizzarla. I lavoratori privati e pubblici, dunque, possono andare in pensione con almeno 62 anni di età e 41 di contributi anche nel 2024. Ma l’intero assegno sarà calcolato con il sistema contributivo e non più con il sistema misto (retributivo per gli anni sino al 31 dicembre 1995 o al 31 dicembre 2011 se si avevano almeno 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995): e questo da solo comporta un taglio dell’importo che può arrivare anche al 20 per cento. In secondo luogo, la misura del trattamento non potrà superare i 2.272 euro lordi mensili (quattro volte il trattamento minimo Inps) sino al compimento dell’età di 67 anni. E non è finita: le finestre mobili (il lasso di tempo tra la maturazione dei requisiti, 62 anni e 41 anni di contributi, e la percezione del primo assegno) sono allungate a sette mesi per i lavoratori privati e a nove mesi per quelli pubblici rispetto agli attuali tre e sei. D’altra parte, è confermato l’incentivo per rimanere in attività: chi non va via potrà avere in busta paga la quota di contribuzione a suo carico (di regola il 9,19 per cento).
L’Ape social: stretta su età e categorie
La manovra prevede anche la proroga per un anno dell’Ape sociale, che si può ottenere, però, non più dai 63 anni, ma dai 63 anni e 5 mesi. Riguarda, come nel passato, coloro che si trovano in condizioni di disagio: disoccupati, coloro che assistono familiari disabili, persone con invalidità pari almeno al 74% e chi, con 36 anni (o con 30) di contributi, svolge lavori gravosi (come, per esempio, operai edili, autisti di mezzi pesanti, badanti, infermiere ospedaliere, maestre d’asilo, macchinisti, addetti alle pulizie). Sono stati cancellati, però, l’ampliamento delle categorie di lavoratori che svolgono attività gravose previste nel biennio 2022-2023 e le riduzioni contributive per edili e ceramisti. Non basta: si introduce l’incumulabilità totale della prestazione con i redditi di lavoro dipendente o autonomo a eccezione del lavoro occasionale entro un massimo di 5.000 euro annui. Resta fermo che l’assegno non potrà superare l’importo massimo fino a 1.500 euro lorde mensili, senza tredicesima e senza gli adeguamenti dovuti all’inflazione, fino alla pensione di vecchiaia a 67 anni.
Opzione donna in versione ristretta
Prorogata di un anno, ma con ulteriori notevoli restrizioni, la cosiddetta Opzione donna. Possono utilizzare la via di uscita (uscita anticipata ma pensione ricalcolata con il metodo contributivo, con una penalizzazione tra il 20 e il 25 per cento) le donne dipendenti e autonome con almeno 59 anni (se con due figli), 60 (se con un figlio) e 61 (senza figli) al 31 dicembre 2023, purché abbiano anche almeno 35 anni di contributi e rientrino in una delle seguenti categorie: invalide, caregiver, disoccupate. Restano ferme le finestre mobili di 12 e 18 mesi per lavoratrici dipendenti e autonome.
Anticipo precoci: i requisiti
Confermato senza modifiche l’anticipo per i precoci, i lavoratori che hanno cominciato a lavorare durante la minore età. E che possono accedere alla quota 41, a patto che prima dei 19 anni abbiano lavorato per almeno 12 mesi e che rientrino nelle categorie disagiate valide anche per l’ape social.