Mercoledì 17 Luglio 2024
CLAUDIA MARIN
Economia

In pensione 2,7 milioni di lavoratori in 5 anni. Quali settori saranno colpiti e perché è difficile trovare nuovo personale

La stima dell’Ufficio studi della Cgia. Tra il 2023 e il 2027 il mercato richiederà 3,8 milioni di addetti: ecco i comparti del made in Italy che rischiano di trovarsi in difficoltà

Roma, 22 aprile 2023 – Anche senza nuove vie di flessibilità previdenziale nei prossimi cinque anni quasi il 12 per cento degli italiani, circa 2,7 milioni di lavoratori, lascerà definitivamente il posto di lavoro per aver raggiunto il limite di età. La stima è dell’Ufficio studi della Cgia che ha elaborato i dati del Sistema informativo Excelsior di Unioncamere e Anpal. E questo mentre nello stesso periodo, tra il 2023 e il 2027, il mercato del lavoro italiano richiederà 3,8 milioni di addetti: tra quelli da sostituire per il pensionamento e quelli, circa un milione, legati alla crescita economica prevista in questo quinquennio.

Circa 2,7 milioni di lavoratori in pensione nei prossimi 5 anni
Circa 2,7 milioni di lavoratori in pensione nei prossimi 5 anni

Posizioni e settori interessati da chi andrà in pensione

Dei 2,7 milioni di addetti totali che nei prossimi anni scivoleranno verso la quiescenza, la metà, poco meno di 1,4 milioni, interesserà i dipendenti privati e oltre 670mila ciascuno il pubblico impiego e il mondo del lavoro autonomo. Tuttavia, se calcoliamo l’incidenza della domanda sostitutiva sul totale del fabbisogno occupazionale in ciascuna delle tre posizioni professionali analizzate (dipendenti privati, dipendenti pubblici e indipendenti), il valore più elevato, pari al 91,6 per cento del totale, riguarderà il pubblico impiego.

Se, invece, analizziamo le filiere produttive/economiche più interessate dall’esodo degli occupati verso la pensione, in termini assoluti scorgiamo la salute (331.500 addetti), attività immobiliari, noleggio/leasing, vigilanza/investigazione, gli altri servizi pubblici e privati (pulizia, giardinaggio e pubblica amministrazione che non include la sanità, l’assistenza sociale e l’istruzione) (419.800) e, in particolar modo, il commercio e il turismo (484.500). Se, anche in questo caso, misuriamo l’incidenza della domanda sostitutiva sul fabbisogno occupazionale, i settori che entro i prossimi 5 anni si troveranno maggiormente in “difficoltà” saranno la moda (91,9 per cento), l’agroalimentare (93,4 per cento) e, in particolar modo, il legno-arredo (93,5 per cento). Insomma, i principali settori del nostro made in Italy rischiano di non poter più contare su una quota importante di maestranze di qualità e di elevata esperienza. L’esodo interesserà Basilicata, Liguria, Abruzzo, Piemonte, Molise e Veneto. A livello regionale, nel prossimo quinquennio l’incidenza percentuale della domanda sostitutiva sul fabbisogno occupazionale totale interesserà, in particolare, il Veneto (73,4 per cento), il Molise (78,5 per cento), il Piemonte/Valle d’Aosta (82 per cento), l’Abruzzo (82,5 per cento) e la Liguria (85,5 per cento). La regione d’Italia più investita da questo fenomeno sarà la Basilicata (88,3 per cento).

Perché si fatica a trovare personale

Il progressivo invecchiamento della popolazione italiana sta provocando un grosso problema al mondo produttivo. Da tempo, ormai, gli imprenditori – anche del Sud - denunciano la difficoltà di trovare sul mercato del lavoro personale altamente qualificato e/o figure professionali di basso profilo. Se per i primi le difficoltà di reperimento sono strutturali a causa del disallineamento che in alcune aree del Paese si è creato tra la scuola e il mondo del lavoro, per le seconde, invece, sono opportunità di lavoro che spesso i nostri giovani, peraltro sempre meno numerosi, rifiutano di occupare e solo in parte vengono “coperti” dagli stranieri. Una situazione che nei prossimi anni è destinata a peggiorare: in primo luogo, come dicevamo, per gli effetti della denatalità e in secondo luogo per la cronica difficoltà che abbiamo a incrociare la domanda e l’offerta di lavoro.