Sabato 23 Novembre 2024
ELENA COMELLI
Economia

Riforma del Patto di Stabilità: cosa cambia per l’Italia e per le nostre tasche

La Germania e i Paesi Bassi vogliono regole rigide, l’Italia più margini di manovra ma ha da scontare diversi “no” già detti alla Commissione europea

La riforma del Patto di Stabilità, che stabilisce le regole fiscali dell'Unione Europea, sembra a un punto di svolta: entro la fine di aprile arriverà la proposta della Commissione Ue, su cui si sta negoziando in queste settimane.

Giorgia Meloni e Ursula von der Leyen (Ansa)
Giorgia Meloni e Ursula von der Leyen (Ansa)

Le regole attuali e il Covid

Al momento le norme comunitarie impongono a ogni Paese di mantenere il deficit di bilancio al di sotto del 3% del prodotto interno lordo e il debito pubblico al di sotto del 60% del Pil, anche se in molti eccedono queste soglie dopo anni di intensa spesa pubblica per attutire l'impatto della pandemia da Covid-19 e della guerra in Ucraina.

Per questo, la Commissione ha proposto una riforma complessiva, dopo aver sospeso l'attuale Patto di Stabilità all'inizio della pandemia, nel 2020, al fine di dare ai governi un margine di manovra per contrastare le ricadute del Covid-19.

Le situazioni dei Paesi Ue

Paesi come l'Italia, con un debito del 150% del prodotto interno lordo, o la Grecia al 180%, non sarebbero state in grado di rispettarlo. Oltre a Grecia e Italia, i rapporti più alti a fine 2022 sono stati registrati in Portogallo (120%), Spagna (116%), Francia (113%) e Belgio (106%). I più bassi in Estonia (16%), Bulgaria (23%) e Lussemburgo (25%). I Paesi Bassi, con il 52%, rientrano nei parametri del Patto di Stabilità vigenti finora, mentre la Germania ha sforato leggermente con il 72%. La media dell'Eurozona è al 93%.

La linea della Commissione europea

Dall'inizio del 2024 non sarà più in vigore la clausola di salvaguardia generale e quindi torneranno i limiti del 3% per il rapporto deficit/Pil e del 60% per il rapporto debito/Pil nei bilanci degli Stati, con conseguenti procedure per deficit eccessivo, ma la Commissione spinge per una riduzione del debito graduale e soprattutto differenziata per Paese. Germania e Paesi Bassi, invece, hanno chiesto obiettivi minimi di riduzione del debito per tutti gli Stati, in contrasto con l'approccio della Commissione, che prevederebbe piani nazionali di rientro su misura dei singoli Paesi.

La Germania

All'inizio di aprile la Germania ha inviato a Bruxelles un documento tecnico (non-paper) in risposta alle ipotesi di lavoro presentate dalla Commissione nell'ultima riunione dell'Ecofin, che non devono avere convinto il ministro delle Finanze tedesco Christian Lindner. Nel documento, Berlino delinea le proposte di parametri quantitativi comuni e di salvaguardie "che sono essenziali per un quadro di bilancio riformato, al fine di garantire un approccio multilaterale e la parità di trattamento degli Stati membri". In particolare, il documento propone una regola di spesa basata su un benchmark quantitativo comune, partendo dalla considerazione che "per ridurre i disavanzi, il requisito fondamentale è che la spesa deve aumentare più lentamente della crescita potenziale". La Germania propone che il margine minimo di convergenza (cioè la differenza tra la crescita potenziale e la crescita della spesa primaria netta) "per gli Stati membri con un rapporto debito/Pil elevato, potrebbe essere di 1 punto percentuale". La crescita potenziale è frutto di un calcolo complicato, che per anni è stato oggetto di un confronto difficile tra Commissione e Stati membri, in primis l’Italia. "Inoltre, è necessario stabilire — prosegue il documento — un limite fino al quale il margine di convergenza è applicabile. Un’opzione adeguata sarebbe il saldo strutturale all’interno dell’intervallo tra -0,5% e -1% del Pil". È un modo per mantenere in vita una parte delle attuali regole del Patto di Stabilità, che la logica della riforma della Commissione voleva superare.

L’alternativa

La seconda proposta riguarda salvaguardie comuni per assicurare una riduzione sufficiente del debito e prevenire che lo sforzo fiscale venga differito. Insomma, per la Germania non bastano i piani di rientro del debito che gli Stati membri dovrebbero concordare con la Commissione. Berlino propone che "il rapporto debito/Pil debba diminuire di almeno 1 punto percentuale all’anno per gli Stati membri con un debito elevato (come l’Italia, ndr) e di almeno 0,5 punti percentuali all’anno per gli Stati con un rapporto debito/Pil medio superiore al 60%". Berlino chiede inoltre di "rafforzare il rispetto e l’applicazione delle regole e limitare il margine di discrezionalità e le eccezioni". La Germania, ma anche l’Olanda e i Paesi nordici, vogliono quindi l'introduzione di regole che siano davvero applicate dalla Commissione.

L’Europa e i Pesi frugali

Il contrasto fra Commissione e Paesi frugali domina la trattativa che dovrebbe concludersi entro fine mese. In questo frangente, al governo italiano converrebbe trovarsi in sintonia con Bruxelles, che potrebbe garantire all'economia italiana un atterraggio morbido post-pandemico, in linea con le proposte dell'esecutivo di Ursula von der Leyen. Ma così non è: con il passare dei mesi, tra Roma e Bruxelles si sta accumulando una serie di conti aperti, dal Mes al pacchetto del Green Deal fino ai balneari, su cui si è arenata la terza rata del Pnrr.

La posizione dell’Italia

L'Italia non sembra intenzionata a varare le riforme su cui si basa il Pnrr ed è l'ultimo Paese rimasto a non aver ratificato la riforma del Mes. Anzi, pur di non smentire le promesse fatte in campagna elettorale, Meloni ha recentemente ribadito il suo stop alla ratifica. La trattativa sul Patto di Stabilità si svolge, inoltre, all'indomani di due dossier su cui Roma e Bruxelles non si sono incontrate: lo stop alle auto a benzina e diesel dal 2035 e la direttiva sulle case green. Tutte proposte alle quali il governo ha detto di no. Da qui a fine mese l'Italia scoprirà le ricadute di questa raffica di no sulla riforma delle regole fiscali dell'Ue.